Il Manchester City è campione d’Europa. Dopo anni di investimenti, vittorie in patria, delusioni europee e un tabù che sembrava quasi una maledizione, i Citizens hanno sconfitto per 1-0 l’Inter nella finale di Istanbul grazie a un gol di Rodri nel secondo tempo. Una partita non delle più belle quella disputata dalla squadra di Pep Guardiola, che però ha mostrato cinismo e grande qualità negli ultimi venti metri. Al fischio finale, l’urlo liberatorio dei tifosi inglesi, che finalmente hanno potuto esultare per la vittoria della Champions League. Con questo trionfo, il Manchester City è la seconda squadra d’Inghilterra a conquistare il Treble: Premier League, FA Cup e Champions League, appunto. Gli unici erano fin qui stati i rivali del Manchester United.

Ed è proprio nell’ombra dei Red Devils che il City ha conquistato i suoi successi negli ultimi quindici anni. Sì, perché gli “azzurri” di Manchester sono rinati grazie a investimenti importanti della proprietà araba, che con pazienza, idee e scelte importanti in panchina ha costruito il successo nel corso degli anni. E pensare che a fine anni ’90 ci fu una doppia retrocessione in terza serie inglese.

Manchester City campione d’Europa, dagli anni ’60 alla doppia retrocessione: il percorso del club

Diversi successi in patria tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, con anche una vittoria in Coppa delle Coppe nel 1969/70. Dopo momenti difficili, in quegli anni il Manchester City sembrava essere rinato e pronto a competere tra le big d’Inghilterra. Sgomitare in un campionato prestigioso e storico come la Premier League non era però di certo semplice, al punto che i Citizens cominciano un periodo di declino e difficoltà non indifferente. È il 3 maggio 1998: il Manchester City batte lo Stoke City per 2-5, ma non basta. È retrocessione in Second Division (la terza serie inglese).

Questo è uno dei punti più bassi della storia del club inglese. Da lì, quella che sembra una seconda rinascita: doppia promozione in due anni e ritorno in Premier League grazie all’insediamento di una nuova proprietà. Da subito però si percepisce che questo è stato un “passo più lungo della gamba” ed ecco che nella stagione 2000/01 c’è un’altra retrocessione, la terza degli ultimi cinque anni.

Emergere in Inghilterra non è di certo semplice, la storia e la tradizione di Arsenal, Chelsea, Liverpool e Manchester United è difficile da battere. Ed è proprio l’esser “cresciuti” sotto l’ombra e la storia dei Red Devils che rallenta il percorso di crescita del Manchester City, inevitabilmente la squadra meno seguita dai tifosi tra le due. Il 2001/02 è l’anno del ritorno in Premier e da lì – questa volta sì – comincia un percorso che ha poi portato il Man City a trionfare in Inghilterra e adesso anche in Europa.

L’addio a Maine Road, l’arrivo della proprietà araba e i successi: la svolta del Manchester City

Il 2002/03 è la stagione del ritorno in Premier League del Manchester City, ma anche l’ultima a Maine Road, vecchio stadio del club. Fu anche l’anno del ritorno al successo nel derby contro il Manchester United, dei primi investimenti importanti come Nicolas Anelka. Adesso sì, tra i tifosi c’è una sensazione comune: il Manchester City sta costruendo le basi per il futuro. Intanto la squadra si trasferisce al City of Manchester Stadium, casa che ospita ancora oggi la squadra inglese, e torna in Europa con la conquista della Coppa Uefa nel 2002/03. Intanto il City si stabilisce in Premier League definitivamente e nel 2007 viene rilevato l’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra. Sembra l’inizio di un percorso di successi: in panchina arriva Eriksson, in rosa gente come Elano. Uno scandalo personale costringe però Shinawatra a vendere subito il club.

Nuovo declino? Visti i trascorsi, tra i tifosi torna ancora l’incubo delle retrocessioni. E invece no, è da lì che inizia la storia del Manchester City. Nel 2008 è lo sceicco arabo Mansur a rilevare il club, dando la presidenza ad Al Mubarak, ancora oggi presidente. Non ci sono mezzi termini: “Il Manchester City arriverà ai vertici del calcio europeo grazie a importanti investimenti economici”. Pronti, via: arriva Robinho, l’acquisto più oneroso della storia del club. Ma è solo il primo di una lunghissima serie. Intanto, dopo i primi anni di assestamento, il club si affida nel 2009/10 a un allenatore esperto come Roberto Mancini.

Citizens sul tetto d’Europa: la consacrazione

Nel 2011/12 il club torna a vincere la Premier League con due gol nei minuti di recupero nel rocambolesco 3-2 contro il QPR, trionfando per la miglior differenza reti davanti ai rivali del Manchester United. A questo seguono sei campionati vinti negli ultimi dieci, più una serie di coppe in campo nazionale. Ai tifosi, però, sembra quasi non bastare: manca la Champions League. La coppa sembra una maledizione. La squadra inglese, ormai ai vertici del calcio europeo per valore della rosa e con calciatori di spessore, colleziona una serie di eliminazioni premature nei primi anni. A Mancini succede Pellegrini, che però non riesce a cambiare la storia. Nel 2016 la proprietà non ha dubbi: si riparte da Pep Guardiola, allenatore tra i migliori al mondo e con esperienza in campo europeo visti i trionfi con il Barcellona.

Il club continua a vincere in Premier League, nel frattempo “prende le misure” in Europa. Eliminazione agli ottavi al primo anno, poi ai quarti di finale per tre anni consecutivi, finché nel 2020/21 non arriva la prima finale. La tensione però si sente, si percepisce e a vincere è il meno quotato Chelsea con un gol di Kai Havertz. Sembra un incubo, una maledizione: l’anno dopo i Citizens ci vanno ancora vicini, ma questa volta sono i minuti di recupero della semifinale di ritorno a spezzare i sogni dei tifosi. Il Real Madrid, che in Europa per tradizione non “muore” mai, segna due gol nel recupero e porta la gara sul 2-1 (dopo il 4-3 per i Citizens dell’andata). A deciderla è poi il solito Benzema ai supplementari. Sogno rimandato.

Dopo un anno arriva però la rivincita, con il Manchester City che elimina il Real Madrid in semifinale con un secco 4-0 al ritorno e vola a Istanbul contro l’Inter, sconfitta per 1-0 con gol di Rodri. E a distanza di 15 anni dalla promessa della proprietà araba, il patto è stato rispettato: il Manchester City è campione d’Europa per la prima volta nella sua storia. Non Haaland – l’uomo dei record in questa stagione – ma Rodri. È lui a deciderla. Il “meno appariscente” di una rosa di qualità assoluta. Il cerchio si è chiuso, il tabù è stato sfatato. A Manchester, finalmente, si festeggia. Dalla doppia retrocessione al tetto d’Europa. Investimenti importanti, speranza e senso di appartenenza: un mix di ingredienti perfetto per arrivare al successo.