Si è tenuta oggi, presso la Corte d’Assise di Genova, la prima udienza del processo a carico di Alberto Scagni, il 42enne accusato dell’omicidio della sorella Alice, avvenuto il primo maggio del 2022. L’uomo, difeso dall’avvocato Mirko Bettoli, rischia l’ergastolo. È stato giudicato in grado di affrontare il processo, ma sulla sua capacità di intendere e di volere ci sono pareri discordanti. Avrebbe, infatti, diversi problemi psichici. Non a caso i genitori ne avevano messo in luce la pericolosità ben prima del terribile delitto. Senza mai essere presi sul serio.
Omicidio Alice Scagni, si è aperto il processo a carico del fratello
È la sera del primo maggio del 2022. Alice Scagni, 34 anni, esce dall’abitazione in cui vive con il marito e il figlio per portare fuori il cane. A pochi passi dal portone incontra il fratello, Alberto. Iniziano a litigare. Ben presto il 42enne afferra un coltello e la colpisce, 24 volte. Il marito, affacciatosi dal balcone per capire cosa stia succedendo, fa in tempo solo a vederla crollare per terra. Muore sul colpo. I genitori parlano di un delitto annunciato: già da un po’ avevano capito che il figlio – alla continua ricerca di soldi e con diversi problemi psichici – potesse compiere un gesto violento.
Avevano anche allertato le autorità, più di una volta, chiedendo loro che sorvegliassero l’abitazione della figlia. Erano preoccupati per lei. Nessuno, però, li ha ascoltati. Per questo, oltre al processo a carico del killer, è partita un’indagine parallela contro la polizia e il servizio di salute mentale contattati dalla famiglia Scagni, accusati di omissione di atti d’ufficio, omessa denuncia e morte come conseguenza di altro reato per non aver dato adito alle loro richieste di aiuto. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbero, in particolare, due poliziotti della questura e un medico della Asl 3, l’azienda ospedaliera che la mamma di vittima e carnefice avrebbe chiamato – come emerge dai tabulati telefonici – ben 63 volte in 45 giorni.
L’imputato, assistito dall’avvocato Mirko Bettoli, rischia una condanna all’ergastolo. È accusato, infatti, di omicidio volontario pluriaggravato (anche dalla premeditazione). Nonostante la perizia psichiatrica lo abbia giudicato semiinfermo di mente, è stato ritenuto in grado di affrontare il processo. Sulla sua presunta capacità di intendere e di volere ci sono, però, parecchi pareri discordanti. Secondo il perito nominato dalla Procura, il 42enne è pienamente capace di intendere e di volere. Il consulente dei genitori lo ritiene, invece, totalmente incapace. Ciò per via dei suoi problemi psichici.
Cinque poliziotti al banco dei testimoni
Nel corso della prima udienza del processo a suo carico, tenutasi oggi presso la Corte d’Assise di Genova, i giudici hanno ascoltato i cinque poliziotti intervenuti, alcuni per il fermo, avvenuto immediatamente dopo il delitto, e altri nel corso delle prime perquisizioni a casa dell’imputato. Un’audizione a cui i genitori – Graziano Scagni e Antonella Zarri – non hanno potuto partecipare.
Siamo semplicemente stupiti – hanno dichiarato poi all’inviato della trasmissione “Chi l’ha visto?” -. Volevamo vedere negli occhi chi ha fermato nostro figlio, come lo dice, con che voce racconta quei momenti che ci hanno stravolto la vita. Per noi sarebbe stato fondamentale.
I due, che dopo la tragedia hanno perso non uno, ma due figli, sostengono fin dall’inizio di essere stati abbandonati dallo Stato. Se i loro appelli non fossero rimasti inascoltati, forse Alice sarebbe ancora viva, dicono, e Alberto non avrebbe dovuto affrontare un processo così duro. Aveva bisogno di aiuto. Ora, invece, per lui c’è poco da fare. È pericoloso e, secondo alcuni (tra cui la nonna), potrebbe uccidere ancora. Rischia di passare in carcere tutta la vita. Sarà la corte a deciderlo.