La storia di Maria Antonietta Rositani è una di quelle che si fa fatica a dimenticare. Il 13 marzo del 2019, in pieno giorno, l’ex marito Ciro Russo tentò di ucciderla cospargendola di benzina e dandole fuoco. Maria Antonietta riuscì a sopravvivere, seppur riportando sul 50% del corpo gravissime ustioni per le quali ha subito, fino ad oggi, più di 200 interventi e medicazioni.

Meno di un mese fa, la giustizia ha infine fatto il suo corso: Ciro Russo è stato infatti condannato in via definitiva dalla Cassazione a 17 anni e otto mesi di carcere. Di fronte a storie come questa, tuttavia, qualsiasi pena sembra riduttiva. Anche perché Maria Antonietta teme per il giorno in cui l’ex marito uscirà dal carcere, tornando a compromettere la sua sicurezza e quella dei suoi figli.

Maria Antonietta Rositani: “Cure continue e costosissime, non ce la farei senza la generosità delle persone”

Per raccontare la storia di Maria Antonietta Rositani, onestamente, le parole non bastano. La sua è infatti la storia di una violenza durata più di venti anni, è il racconto di continui maltrattamenti e vessazioni culminati nel più terribile dei modi, è la fotografia di come la violenza di genere possa essere subdola e inarrestabile.

Ripercorrendo i fatti, la storia di Maria Antonietta inizia nel 2018 quando, dopo anni trascorsi subendo continue violenze, la donna trova la forza di sporgere denuncia contro suo marito, Ciro Russo. Dopo un processo per maltrattamenti, l’uomo è condannato ai domiciliari. Maria Antonietta, che vive con i suoi figli a Reggio Calabria, pensa finalmente di poter tirare un sospiro di sollievo. Ma non è così.

Il 13 marzo 2029, Ciro Russo evade infatti dalla detenzione domiciliare a Ercolano (NA) e guida per quasi 500km per raggiungere l’ex moglie. Arrivato a Reggio Calabria, inizia a cercarla. Una volta trovata, Russo sperona l’auto di Maria Antonietta, le versa una tanica di benzina addosso e le dà fuoco. Maria Antonietta riesce a sopravvivere per miracolo, seppur riportando ustioni sul 50% del suo corpo.

Da quel momento inizia, per Maria Antonietta, un processo di riabilitazione lunghissimo che la trattiene per più di otto mesi in ospedale. Ad oggi, tuttavia, quel percorso non è ancora concluso: in questi mesi, ad esempio, Maria Antonietta sta infatti affrontando un percorso terapeutico importante per prevenire la possibilità che perda l’uso delle gambe.

Per paradosso, tuttavia, le cure necessarie a Maria Antonietta non sono coperte dallo Stato. Proprio per questo Maria Antonietta che ha deciso di chiedere un aiuto aprendo una raccolta fondi – trovate il link in fondo alla pagina – dedicata alle sue cure mediche.

Nel frattempo, mentre questa coraggiosa donna continua a testa alta la sua vita, la giustizia ha fatto il suo corso: meno di un mese fa la Corte di Cassazione ha infatti condannato definitivamente Ciro Russo a 17 anni e otto mesi di carcere.

In questi anni Maria Antonietta Rositani ha continuato a raccontare, con coraggio e determinazione, la sua storia, soprattutto fra i giovanissimi. La sua testimonianza oggi è affidata anche alla redazione di TAG24, in questa intervista esclusiva.

Buongiorno Maria Antonietta, innanzitutto, come sta?

“Discretamente, andiamo avanti. Sto facendo delle cure che si basano su alcune tecnologie rigenerative innovative e stanno andando abbastanza bene”.

Purtroppo però lo Stato non le copre le spese mediche per la sua riabilitazione. Per questo lei ha più volte ringraziato chi l’ha sostenuta con generosità.

“Sì, se non fosse stato per tante persone e per tante associazioni io non sarei riuscita a fare nulla. Per me è fondamentale che qualcuno di buona volontà mi sostenga, perché le mie spese mediche sono davvero molto elevate. Purtroppo le cure che devono essere sostenute dagli ustionati sono considerate come estetiche. In pratica, dunque, ci si deve curare da soli. Per questo ho aperto anche una raccolta fondi [link in fondo all’articolo] per chiedere un aiuto, ma non ho ottenuto molto fino a ora. Consideri che solo le creme idratanti costano almeno 800 euro, e la mia pelle deve essere idratata in continuazione”.

È passato circa un mese dalla condanna definitiva in Cassazione per il suo ex marito. Come ha accolto la sentenza?

“La condanna, almeno per la giustizia italiana, si potrebbe definire esemplare. In Italia, infatti, una persona incensurata che tenta di uccidere una donna può avvalersi del rito abbreviato. E dunque degli sconti di pena. Sicuramente 17 anni e otto mesi sono soddisfacenti per la legge italiana. Per me, però, è come vivere perennemente sul filo di un rasoio. Io sconti di pena non ne ho avuti e non ne avrò.

Consideri che la detenzione parte dal 2018, ovvero dall’anno dell’arresto di Russo, e non dal momento in cui questo si è macchiato di questo atroce delitto. Cinque anni sono già trascorsi, pertanto ne rimangono circa altri dodici. E potrebbero esserci altri sconti per buona condotta. Vivo domandandomi cosa mi succederà fra otto, nove o forse dodici anni. Le paure mie e dei miei figli sono sempre le stesse.

Ripeto, non posso dire che per lo Stato non sia stata una condanna esemplare. Però devo essere sincera: per me e i miei figli la condanna esemplare sarebbe stata altro. Non avremmo voluto vedere sconti di pena, avremmo voluto affrontare un processo normale e non un rito abbreviato. Avremmo voluto per quest’uomo un percorso senza agevolazioni, come dovrebbe essere per tutti gli uomini che si macchiano di queste atrocità. Io agevolazioni non ne ho avute”.

Crede che le pene per questo tipo di reati debbano essere rafforzate?

“Credo che per debellare i femminicidi dovrebbero esserci pene molto severe. Ora devono essere approvati dei nuovi disegni di legge che ad esempio porteranno a 500 metri la distanza minima di allontanamento che gli uomini dovranno osservare se denunciati per maltrattamenti. Prima erano 300 metri. Questi 200 metri non penso possano servire a fermare un uomo intenzionato a compiere simili atrocità. D’altronde non sono serviti al mio ex marito, che non ci ha pensato due volte, pur essendo agli arresti domiciliari, a farsi 500 kilometri per provare a uccidermi.

Credo servirebbe anche l’uso sistematico di braccialetti elettronici. E poi c’è un altro punto fondamentale: molte donne non denunciano perché succubi dell’uomo anche dal punto di vista economico. Tantissime non denunciano per paura di perdere i figli, siccome sole non potrebbero mantenerli. Una donna vittima di violenza andrebbe riscattata anzitutto ridandole la dignità e offrendole un lavoro.

Io oggi mi ritrovo a vivere potendo contare solo sulla pensione di invalidità. Ho però delle spese enormi da affrontare, e due figli da mantenere. Faccio fatica ad arrivare a fine mese. Lo Stato dovrebbe aiutarmi in questo, ma come a me a qualsiasi donna che si trova nelle mie condizioni”.

Lei gira tanto nelle scuole, raccontando ai ragazzi la sua storia. Cosa riceve dalle nove generazioni? Pensa che si possa diffondere, in loro, una nuova cultura contro la violenza?

Sì, ho una grande speranza in loro. La violenza sulle donne è determinata da una cultura patriarcale di uomini che impongono le loro volontà con la forza. Parlare di amore sano e libero nelle scuole, diffondendo l’idea che l’amore non sia possesso, è fondamentale. Dobbiamo parlare ed educare i ragazzi alla non violenza. Soprattutto, dobbiamo cancellare l’equazione per cui violenza è uguale a pazzia. Molti mi dicono «ma quello era pazzo». No ragazzi, non era pazzo, la violenza non è pazzia ma il sintomo di una cultura di possesso e dominio sull’altro sesso. Gli uomini uccidono perché vogliono dominare la donna”.

È importante poi dire alle donne che gli uomini violenti non devono essere salvati da loro?

“Assolutamente. Altra cosa fondamentale è aprire i cuori, facendo sì che chi si accorge di una violenza si metta ad aiutare quella donna. In molte si vergognano e non chiedono aiuto, hanno difficoltà ad ammettere quanto accade perché si vergognano del giudizio della società. Dobbiamo far capire che le donne non si devono vergognare di subire violenze, perché la colpa non è la loro”.

Dopo aver vissuto una storia come la sua, cosa prova quando accende alla Tv e si trova di fronte l’ennesima violenza e l’ennesimo femminicidio? Penso in particolare alla terribile storia di pochi giorni fa, quella della giovane Giulia Tramontano.

“Provo un grande dolore e penso «Maria Antonietta tu ci sei, queste altre donne no.. fatti forza per combattere per loro che oggi non ci sono più». Io lancio sempre sia un messaggio alle donne e allo Stato. Alle donne dico denunciamo, allo Stato dico mettici il cuore: quelle donne sono le tue figlie, le tue madri, le tue sorelle e le tue amiche. Dobbiamo aiutarci, altrimenti le donne si estingueranno. È una cruda realtà questa, ma è così”.

Il presidente del Senato ha lanciato l’idea di una manifestazione di soli uomini contro le violenza sulle donne. Le è piaciuta l’idea?

“Sì, queste cose sono importantissime perché come ho sempre detto non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Vedere gli uomini scendere in piazza contro la violenza sulle donne sarebbe meraviglioso”.

Aiutiamo Maria Antonietta Rositani: la raccolta fondi per sostenere le sue cure

Maria Antonietta Rositani sostiene, ogni mese, delle cure per lei necessarie ma costosissime. Purtroppo queste cure non sono coperte dallo Stato che considera le cure per gli ustionati come “estetiche”. Per questo Maria Antonietta ha aperto una raccolta fondi che possa aiutarla a sostenere il suo percorso di riabilitazione. Aiutare Maria Antonietta è semplicissimo, basta cliccare su questo link e donare la somma che si desidera.

Non tiriamoci indietro, aiutiamo questa coraggiosissima donna: forza, Maria Antonietta!