Giornata importante per l’Ue che stipula un nuovo accordo per le modifiche al regolamento sulla gestione dei migranti. Protagonisti i ministri degli Interni dell’Unione Europea, riuniti in Lussemburgo per il Consiglio affari interni.

Dopo ben 12 ore di negoziati, i 27 Stati membri sono giunti ad un compromesso relativo sostanzialmente ai due pacchetti di norme, cuore della gestione degli ingressi in Europa. Si tratta del Regolamento sulla procedura di asilo (Apr) e il Regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr). Quest’ultimo andrà a sostituire l’attuale regolamento di Dublino.

Un accordo incentrato sulla semplificazione della procedura d’asilo e di rimpatrio e delle procedure di frontiera. Queste ultime, obbligatorie, serviranno a valutare se le domande d’asilo sono ammissibili. Sul tavolo anche temi come le adeguate capacità di accoglienza.

Una partita giocata da protagonista da parte dell’Italia, come confermato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Abbiamo avuto una posizione di grande responsabilità, trovando corrispondenza da altri Paesi e ottenendo consenso sulle nostre proposte. Riteniamo che sia un giorno in cui parte qualcosa e non solo sia un giorno di arrivo.

Cosa prevedono le modifiche al regolamento Ue sulla gestione dei migranti

Andiamo a sviscerare nel dettaglio le novità nel Regolamento sulla procedura d’asilo e in quello sulla gestione dell’asilo e della migrazione. Prevista una velocizzazione nel trattare le domande d’asilo, con particolare attenzione ai Paesi con un basso grado di accettazione. Una soluzione che si preannuncia efficace soprattutto in una suddivisione equa degli arrivi. Un nuovo meccanismo di solidarietà, che sia semplice e attuabile per tutti.

Alla Commissione Ue il compito di stabilire possibili azioni di solidarietà per qualsiasi Paese in crisi per eventuali boom di arrivi. Previsti, in tal caso, aiuti economici (20mila euro per ogni migrante) oppure sotto forma di ricollocamenti. Ulteriori fondi, poi, andranno a sostegno della realizzazione operativa delle procedure di frontiera: se necessario i sussidi potranno essere impiegati nella creazione di nuove infrastrutture.

A proposito di aiuti economici, tra le novità sostanziali c’è che l’Italia abbia ottenuto la creazione di un fondo, gestito da Bruxelles, per far confluire questi denari allo scopo di “attuare progetti concreti per la cosiddetta dimensione esterna”. Un’iniziativa, quella di Roma, volta a impedire che i Paesi del sud diventino il “centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa”.

Tra i passaggi più controversi dell’accordo la possibilità di stilare patti con Paesi terzi, dove inviare i migranti una volta negata la protezione. Una questione che ha generato scontri tra alcuni Stati membri. La Germania, ad esempio, chiedeva un’interpretazione più stretta. Alla fine il nodo è stato superato a fronte dell’opportunità di liberare molto più rapidamente gli hotspot, snellendo il sistema.

Meloni sull’accordo: “Un modo di affrontare la questione insieme”

L’intesa raggiunta prevede ora una clausola di revisione: se il nuovo regolamento funzionerà, si tireranno le somme. Esulta Giorgia Meloni, che sottolinea come per affrontare i problemi legati alla migrazione irregolare bisogna “risolverli alla partenza”. La premier, a Manduria per la rassegna organizzata da Bruno Vespa, ha commentato la notizia dell’accordo giunta dal Consiglio europeo.

Soddisfatta di essere riuscita a porre la questione. Quando noi non riusciamo a reggere i flussi migratori, in qualche modo il problema diventa di tutti. Il problema ce lo abbiamo tutti e occorre risolverlo all’inizio, alla partenza. Sono soddisfatta di essere riuscita a porre la questione perché è il modo per affrontarla insieme.

Alla fine a votare contro sono state soltanto Polonia e Ungheria. Proprio Viktor Orban, premier di Budapest, ha mostrato tutto il suo disappunto scagliandosi contro l’Unione Europea.

Bruxelles abusa del suo potere. Vogliono ricollocare i migranti in Ungheria con la forza. Questo è inaccettabile.

L’accusa a Bruxelles è quella di voler “usare la violenza per trasformare l’Ungheria in un Paese di migranti”.