Dopo il benestare della Camera, la discussione sull’istituzione di una commissione bicamerale d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori è passata al Senato, dove si è deciso di procedere con delle audizioni. Si tratta di un modo per acquisire ulteriori informazioni sulla vicenda giudiziaria prima del voto. Ma, secondo alcuni, è anche una modalità (velata) per fare dietrofront – o quantomeno rallentare le operazioni -, dopo le dichiarazioni rilasciate su Papa Wojtyla da Pietro Orlandi, che hanno scatenato non poche polemiche.
Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, perché la discussione sulla commissione d’inchiesta si è arenata
Nel corso di una trasmissione televisiva, il fratello di Emanuela Orlandi, tornando sul caso della sparizione della ragazza, aveva riportato il contenuto di un audio attribuito a un certo Marcello Neroni, collegato al gruppo della banda della Magliana, in cui si puntava il dito contro papa Wojtyla per le sue presunte “uscite serali”. Il tutto per ribadire che la 15enne fosse scomparsa in relazione a dei presunti casi di pedofilia avvenuti all’interno della Chiesa. Dichiarazioni che avevano suscitato lo scalpore generale, spingendo Orlandi a scusarsi – dopo aver ribadito di non aver accusato il Pontefice, ma di essersi limitato a riportare il contenuto delle registrazioni -, e Papa Francesco a difendere le posizioni del suo predecessore.
Ne era seguita, a livello politico, una richiesta del centro-destra di limitare la durata della commissione parlamentare d’inchiesta al vaglio del Senato dopo l’approvazione della Camera. Secondo alcuni, un modo per mettere le mani avanti, dopo le polemiche. Poi sono arrivate le audizioni. Colloqui per acquisire approndimenti sulla vicenda giudiziaria e i suoi ultimi sviluppi, ma anche per rallentare l’istituzione dell’organo da parte di chi – già prima delle parole su Wojtyla – non l’aveva supportata.
Alla Camera abbiamo fatto tutto rapidamente. Al Senato, invece, si sta ancora discutendo […]. Mi auguro che almeno prima del 22 giugno prossimo, quando ricorreranno i 40 anni dalla scomparsa (di Emanuela, ndr), il Senato liberi questo provvedimento e approvi la legge,
ha dichiarato ai microfoni di Fanpage, dopo le ultime notizie, il deputato del Pd Roberto Morassut, tra i primi firmatari della proposta. Secondo lui, in sostanza,
non riuscire ad istituire la commissione bicamerale rappresenterebbe una debolezza e un’incapacità di svolgere pienamente la propria funzione di rappresentanza popolare.
L’opposizione del Vaticano
Qualora fosse istituito, l’organo di inchiesta parlamentare si occuperebbe di esaminare tutto il materiale raccolto finora, accertando eventuali condotte omissive che possano aver pesato negativamente sulle indagini. Aprirebbe la strada, quindi, ad approfondimenti più mirati, con l’obiettivo di fare chiarezza su quanto accaduto. Non tutti, però, sono d’accordo.
Di recente, sul caso di Emanuela Orlandi, sono tornati a lavorare sia la Procura di Roma – da maggio – che il Vaticano. Proprio la Chiesa, rappresentata dal promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi, ha fatto sapere – in corso di audizione al Senato – di non vedere di buon grado la commissione.
Aprire una terza indagine che segue logiche e forme diverse da quelle istruttorie – ha dichiarato -, penso che sia una intromissione, perniciosa per la genuinità del lavoro che stiamo conducendo.
In pratica, secondo lui, un’ulteriore inchiesta rischierebbe di trasformare il caso in una sorta di “palcoscenico”, dando adito, come è accaduto più volte parlando di queste storie, a congetture di ogni tipo, attirando i mitomani.
Il lavoro del parlamento è separato, deve occuparsi anche di altri aspetti di cui non si occuperanno le inchieste della Procura o del Vaticano, come ad esempio la questione dei servizi segreti,
ha risposto, nelle scorse ore, Pietro Orlandi, tornando sull’importanza dell’istituzione dell’organo. Per lui una cosa non esclude l’altra. Le tre inchieste, anzi, potrebbero andare di pari passo, concentrandosi su aspetti diversi e riportando, forse, alla luce, la verità, per troppo tempo sepolta, sulla sparizione della sorella, per cui da quasi quarant’anni si batte.