Il giorno dopo fa ancora più male. Ci metterà tanto la Fiorentina per assorbire il colpo. La Conference League persa all’ultimo contro il West Ham ha un retrogusto amaro, un giano bifronte da cui non si può scappare. Da un lato l’orgoglio di essere arrivati a fine percorso senza voltare le spalle ai propri principi, dall’altra parte la consapevolezza dell’assenza del centesimo per fare l’euro. Le competizioni europee sono la rappresentazione del dettaglio per eccellenza, non tenerlo in considerazione vuol dire prestare il fianco alla sconfitta. Che puntualmente arriva, si materializza al minuto novanta e porta all’inferno Italiano e i suoi ragazzi, insieme ai 30.000 del Franchi che per la seconda volta devono vedere l’avversario esultare di fronte ai propri occhi. Ripartire da qui è la condicio sine qua non per poter crescere, così come i giocatori anche l’allenatore. Perchè tutti possono crescere, anche Vincenzo Italiano che a fine partita è stato però solo bastone, senza prendere in considerazione la carota.
Conference League, lo sfogo di Italiano
Le dichiarazioni della discordia di Italiano arrivano dopo una finale di Conference League che non ha offerto uno spettacolo sensazionale. La Fiorentina mette in campo qualcosa in più, ma la mano galeotta di Biraghi nel secondo tempo permette a Benrahma di portare il West Ham in vantaggio su rigore. La Viola non si scompone, Italiano predica calma, e ha ragione dato che cinque minuti dopo riesce a trovare il gol del pareggio. Il tempo scorre, i supplementari si avvicinano, ma a calare è l’attenzione. Il reparto difensivo non si coordina a dovere, Paquetà ne approfitta e serve in verticale Bowen che è freddo di fronte a Terracciano e trova il gol vittoria. In panchina Italiano non ci crede, prova a chiedere un fuorigioco che non c’è, Biraghi non sale insieme ai compagni tenendo così in gioco l’avversario. Il triplice fischio arriva inesorabile, gli Hammers festeggiano, la Fiorentina piange. Insieme a lei anche il suo tecnico, che però non si siede in disparte. Si avvicina ai suoi ragazzi, ma invece di consolarli decide di inveire verso alcuni di loro, in particolare con Igor, che entrato a quindici minuti dal novantesimo è stato protagonista in negativo insieme a Biraghi, permettendo a Bowen di fuggire in profondità. “Scappa prima!” è l’urlo del tecnico al suo centrale, non si capacità di ciò che è successo. Igor non lo guarda, alza gli occhi al cielo, non si aspettava questo sfogo in un momento in cui il morale è a pezzi. Italiano insiste, brucia il k.o., inaccettabile quell’errore, anche se i suoi ragazzi in quel momento volevano solamente una voce amica. Non finisce lì, perchè il tecnico rimarca il concetto anche in conferenza: “I difensori devono prendersi un metro di vantaggio: non è una cosa difficile, però ti fa perdere una coppa. Entrambi i centrali per come lavoriamo devono prendersi un vantaggio sull’avversario“. E poi di nuovo l’affondo verso Igor: “era appena entrato ed era fresco, potevamo fare meglio. Fossimo stati attenti, avremmo recuperato la partita“. Dito puntato verso il brasiliano, la colpa è sua e di altri giocatori se la Fiorentina al collo ora si ritrova la medaglia d’argento. Un’uscita che non è piaciuta molto, queste accuse sono state viste come una caduta di stile da parte del tecnico: “Ma come, chiede la difesa alta e poi si lamenta che non si prendono metri di vantaggio?”; “Mettere alla gogna un tuo giocatore in questo modo non è da allenatore” E ancora: “La dimostrazione di come non sia pronto per il salto di qualità”; “In una big verrebbe cacciato subito con atteggiamenti del genere”. Questi alcuni dei commenti principali, che bocciano il comportamento del mister, i panni sporchi si lavano in famiglia. Una reazione che inevitabilmente si ripercuote su quello che sarà il futuro di Italiano. La domanda circola insistentemente nell’etere, ci si chiede se un allenatore che punta il dito contro i suoi giocatori davanti a tutti possa riuscire a fare il famoso salto in avanti. Dubbi, perplessità, mentre il Napoli si staglia all’orizzonte. Ad oggi sembra più una montagna insormontabile piuttosto che un oasi di pace. Non ci sono salvagenti che tengano, l’obiettivo è migliorare ciò che Spalletti ha creato con attenzione certosina, ma senza limare i dettagli si rischia di finire dentro un incubo. E non ci sono dita puntate che tengano.