Parte malissimo il grande progetto del ponte sullo stretto fortemente voluto dal Ministro delle infrastrutture Matteo Salvini.
Non ci sono solo i problemi relativi alle tempistiche e alla capacità tutta italiana di ritardare le opere, ma esiste un problema giuridico e amministrativo che come un tarlo mina la buona riuscita del progetto.
Anac boccia l’iter, senza gara troppi vantaggi ad un solo privato
Quello che più sorprende però è questa indifferenza nei riguardi di alcune considerazioni elaborate da vari soggetti della macchina statale. In primis Anac, che già in aprile aveva indicato alcune problematiche riguardo alla volontà di andare verso un’assegnazione senza gare del progetto.
L’autorità nazionale anticorruzione attraverso le parole del suo presidente Giuseppe Busìa era stata chiara, nonostante tutto il ministro Salvini ha tirato dritto senza che nessuno potesse scalfire la sua convinzione di poter osare dove nessuno è arrivato.
“Il decreto legge N. 35 sul Ponte sullo Stretto di Messina, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del Contraente generale privato. – scrive il presidente Anac – E’ stato riconosciuto come valido nel 2023 il progetto del 2011, evitando la gara pubblica, senza aver risolto il contenzioso precedente”.
Il presidente Busìa ha messo in guardia governo e parlamento dal concedere eccessivi vantaggi giuridici ed economici al Contraente generale privato, senza aver definito prima il contenzioso passato, e ha chiesto che siano introdotti specifici obblighi in capo al Contraente generale, trasferendo i rischi connessi all’opera, evitando che rimangano in capo al pubblico. Inoltre il Presidente Anac ha richiamato l’attenzione sul vincolo europeo.
“Se si vuole evitare la gara – ha dichiarato Busìa – occorre rispettare quanto previsto dall’articolo 72 della direttiva europea, che pone un limite invalicabile, e cioè che l’aumento dei costi non debba superare il 50%. Sono stati, al riguardo, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto”.
Istituita la società per la costruzione del ponte
In questi giorni c’è stata una vera e propria accelerazione da parte del Ministro Salvini che ha puntato gran parte del suo patrimonio politico sulla realizzazione della grande opera. Lui stesso si è paragonato ai giganti del rinascimento per la sua capacità di ‘osare’. Esagerato, come spesso gli accade.
“L’Italia è la patria del Rinascimento. Se Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci non avessero osato e se fossero passati da una commissione costi-benefici, oggi non avremmo quello che hanno fatto loro”.
Non è solo un problema di costi e benefici come vuole farci credere il ministro. Siamo proprio sicuri che se facessimo una reale analisi tra costi e benefici, si arrivi certamente ad un risultato positivo?
Se consideriamo la fattibilità da un punto di vista societario e di progettazione il ministro Salvini ha solo riproposto quello che molti altri prima di lui avevano fatto. Il modello finanziario ideato è lo stesso che il premier Monti bocciò nel 2012: recuperare la società Ponte di Messina Spa, con il ministero dell’Economia e delle finanze in qualità di azionista di maggioranza.
Salvini ha di fatto ripreso quello che aveva rilanciato Renzi quando era premier. Nulla di nuovo poiché l’idea e la struttura furono addirittura inaugurati da Forlani nel 1981 e riproposte in seguito dagli esecutivi Craxi, Berlusconi.
Nulla di originale insomma e questo ci lascia una speranza che anche il risultato sia simile a quelli passati: il ponte sullo stretto non si può fare per motivi ambientali e prettamente naturali.