Il canone di locazione non pagato, trascorso un determinato periodo di tempo, va in prescrizione. I diritti di credito, ivi compresi quelli del locatore, sono soggetti alla decorrenza della prescrizione. Ciò vuol dire che, in caso di mancato pagamento e, quindi, inadempienza dell’inquilino, il creditore ha un determinato periodo per pretendere il pagamento. Superato quel peridio, il debito si considera estinto.

Ci sono tempistiche diverse in base alla tipologia di credito. Sono diversi anche i termini di calcolo della prescrizione. Nel testo, ci occuperemo del canone di locazione, spiegando dopo quanto tempo il debito va in prescrizione. Si tratta di informazioni molto importanti che dovrebbero conoscere sia il locatore che l’inquilino. Per quale motivo? Scopriamolo!

Canone di locazione non pagato, quando va in prescrizione?

Anche solo a titolo informativo, è bene che tutti sappiamo i termini della decorrenza prescrizionale del canone di locazione non pagato. Prima, però, spieghiamo cos’è e quando si pattuisce. Il canone di locazione è la somma di denaro che viene pagata periodicamente da un inquilino al locatore dell’immobile in affitto.

Secondo quanto stabilito dalla legge, la prescrizione dei canoni di locazione è pari a cinque anni, che decorrono da ogni scadenza pattuita in modo indipendente. Ciò vuol dire che non si deve prendere in considerazione il canone di locazione annuo, bensì devono essere verificate le scadenze mensili (in genere, il canone si paga mensilmente). Ogni rata ha una prescrizione indipendente da tutte le altre.

Ogni rata si considera prescritta se il locatore non ha in nessun modo preteso il pagamento. Interrompono la prescrizione solo la diffida e il decreto ingiuntivo.

Diffida e decreto ingiuntivo

Quando non vengono pagate una o più rate dell’affitto, il locatore può iniziare a procedere nei confronti dell’inquilino inviando solleciti di pagamento. La diffida è un sollecito che può essere compiuto in totale autonomia. Inviandola, non solo si avverte l’inquilino di pagare quanto dovuto, ma si interrompono anche i termini di prescrizione.

Se la diffida non produce gli effetti sperati, allora il proprietario dell’immobile può richiedere al tribunale il rilascio del decreto ingiuntivo, al fine di obbligare l’inquilino inadempiente a pagare l’affitto arretrato.

Anche il decreto ingiuntivo è soggetto alla decorrenza della prescrizione: dal suo rilascio, la prescrizione interviene solo se sono passati 10 anni (quindi raddoppia) a condizione che non ci siano state altre interruzioni.

La prescrizione impedisce lo sfratto?

Gli inquilini non possono mettersi al sicuro nelle braccia della prescrizione perché anche se una volta decorsi i termini è possibile non pagare l’affitto, il proprietario di casa può sempre richiedere lo sfratto per morosità.

Ciò vuol dire che lo sfratto non rientra nella prescrizione e il proprietario dell’immobile può richiederlo in qualsiasi momento per inadempienza, a condizione che siano trascorsi almeno venti giorni di ritardo dal pagamento del canone di locazione (nel caso delle quote condominiali, il ritardo deve essere di almeno sessanta giorni).

Pertanto, l’inquilino che non paga le rate arretrate d’affitto può essere tranquillamente sfrattato. Inoltre, il locatore, al momento della cessazione del contratto, non è più obbligato a restituire l’importo versato a titolo di cauzione dall’inquilino, in ragione di una o più mensilità di affitto non corrisposte.

Dobbiamo ricordare, infine, che il locatore ha diritto a ricevere il pagamento pattuito degli oneri accessori: essi si prescrivono in soli due anni, che si calcolano dalla chiusura della gestione annuale.

L’inquilino può pagare quanto dovuto e rimettersi in regola ed evitare lo sfratto da parte del proprietario.

Leggi anche: Riduzione canone di locazione 2023: come chiedere il contributo a fondo perduto affitti