La recente serie di episodi riguardanti la violenza istituzionale commessa da membri delle forze dell’ordine ha sollevato interrogativi sullo stato delle istituzioni e sulla presenza di un problema strutturale di violenza istituzionale.

Casi di tortura durante e dopo gli arresti, violenze esercitate per puro sadismo:
le cronache hanno riportato episodi avvenuti a Verona, Milano, Livorno e Taranto, suscitando un’ampia discussione pubblica sul tema.

Il reato di tortura e la sua importanza

Il reato di tortura è stato introdotto in Italia nel 2017, rappresentando uno strumento giuridico fondamentale per perseguire coloro che commettono atti di violenza nel contesto delle forze dell’ordine.

Tuttavia, esistono voci che propongono l’abolizione o il depotenziamento di tale reato, una mossa che solleva preoccupazioni riguardo al messaggio che ciò invierebbe.

Anche una modifica minima che potrebbe annullare i processi in corso sarebbe considerata un pericoloso segnale di sostegno a chi compie violenze.

Casi emblematici di violenza istituzionale

Milano, Livorno, Verona e Taranto sono solo alcuni dei luoghi in cui si sono verificati episodi di violenza istituzionale negli ultimi tempi.

Video amatoriali hanno documentato il pestaggio di una trans da parte di agenti della polizia locale a Milano e l’aggressione di un corriere da parte di vigili urbani a Taranto per una sosta vietata.

È in corso un processo a Verona per l’accusa di tortura su uomini affidati alla custodia degli agenti.

Tali episodi mettono in luce la necessità di affrontare seriamente la questione della violenza e garantire l’imparzialità delle indagini e dei processi.

(Leggi anche l’articolo “Verona, Piantedosi commenta le azioni degli agenti arrestati: “Vicende di enorme gravità, lesive della reputazione della Polizia””)

L’impegno di Antigone e l’attenzione alla violenza istituzionale

Antigone, associazione impegnata nella tutela dei diritti delle persone detenute,
è coinvolta in molti processi come parte civile per denunciare le violenze commesse dalle forze dell’ordine.

L’organizzazione ha svolto un ruolo fondamentale nella difesa dei diritti umani e nel portare alla luce i casi di violenza nelle carceri italiane.

Processi di rilevanza nazionale si stanno tenendo a Ivrea, San Gimignano, Viterbo, Torino, Monza, Palermo, Modena, Ascoli Piceno, Nuoro, Bari, Salerno e Santa Maria Capua Vetere, dove si celebra il più grande processo per tortura d’Europa.

Un cambiamento positivo nella consapevolezza sociale

Nonostante la gravità degli episodi di violenza istituzionale, alcuni ritengono che la crescente visibilità di tali fatti sia il risultato di una maggiore attenzione e una reazione più decisa nei confronti di tali abusi.

L’introduzione del reato di tortura nel 2017 e la diffusione dei dispositivi di registrazione video hanno contribuito a mettere in luce episodi altrimenti difficilmente perseguibili.

L’auspicio è che tali novità portino a una maggiore trasparenza e responsabilizzazione delle forze dell’ordine, ad esempio attraverso l’obbligo di indossare un numero identificativo sulle divise.

Che cosa succede se si scopre un atto di violenza istituzionale?

Quando viene scoperto un atto di violenza compiuto dalle forze dell’ordine, è essenziale che vengano intraprese azioni immediate per garantire la trasparenza, l’indagine approfondita e l’eventuale perseguimento dei responsabili.

Di solito, la prima fase consiste nella presentazione di una denuncia alle autorità competenti,
che avvieranno un’indagine per raccogliere prove e testimonianze.

In molti casi, la documentazione video o fotografica di tali episodi può svolgere un ruolo cruciale nel fornire prove concrete degli abusi commessi.

Le registrazioni possono essere presentate alle autorità competenti come prove dell’atto di violenza e possono contribuire a sostenere il caso durante il processo legale.

Una volta avviata l’indagine, le forze dell’ordine coinvolte nell’incidente potrebbero essere sospese dal servizio in attesa dei risultati dell’indagine stessa.
Questo serve a garantire che non vi sia interferenza nell’inchiesta e a tutelare la fiducia del pubblico nel sistema di giustizia.

A seguito delle indagini, se i responsabili vengono identificati e raccolte prove sufficienti, potrebbero essere avviati processi penali nei loro confronti.
È fondamentale che i processi siano condotti in modo equo e imparziale,
garantendo ai presunti responsabili il diritto alla difesa e assicurando che vengano applicate le giuste sanzioni in conformità con la legge.

Inoltre, l’organizzazione o l’associazione a cui appartengono gli agenti coinvolti potrebbe essere soggetta a indagini interne per valutare se vi siano problemi strutturali o una cultura di violenza che potrebbe aver contribuito all’atto di violenza.
In alcuni casi, potrebbero essere necessarie riforme sistemiche per prevenire futuri abusi e garantire che le forze dell’ordine operino nel rispetto dei diritti umani e della legge.

La necessità di preservare il reato di tortura

Nonostante le richieste di abolizione del reato di tortura,
è importante comprendere che ciò andrebbe contro le norme del diritto internazionale e rappresenterebbe un grave pericolo.

Depotenziare anche minimamente tale reato potrebbe comportare l’annullamento dei processi in corso,
inviando un messaggio di vicinanza e sostegno a chi commette violenze.

In uno stato di diritto come l’Italia, è fondamentale mantenere intatto il reato di tortura e perseguire con determinazione gli autori di tali abusi.