Ci sono delle “date” che cambiano la vita a te e ai tuoi familiari. Il 17 giugno del 1983 cambiò la vita di Enzo Tortora e dei suoi cari. Il popolare giornalista e presentatore televisivo viene arrestato e il 17 settembre 1985 condannato a dieci anni di carcere per traffico di stupefacenti e associazione a delinquere di stampo camorristico. Tortora vive un calvario giudiziario. Fino al processo d’appello del 1986 che ribalta la sentenza di primo grado, con l’assoluzione piena confermata in Cassazione l’anno successivo. Quello di cui era accusato non è vero. La figlia Gaia, giornalista a La7, racconta la sua storia e quella della sua famiglia in ‘Testa alta, e avanti’. Lo presenta, in giro per l’Italia, anche per chi subisce ingiustizie ed è senza voce.
La storia di Enzo Tortora raccontata per dar voce a chi non ce l’ha
Nel libro si racconta un incubo, quello vissuto da Enzo Tortora, che per anni “venne rappresentato da quasi tutti i media come un criminale, nonostante a suo carico non sussistesse alcuna prova. In questo libro Gaia Tortora racconta la sua storia, nella consapevolezza che non sia solo sua: ogni giorno tre innocenti finiscono in carcere per errore, più di mille cittadini l’anno. E i media continuano a comportarsi come fecero con suo padre: titoloni per additare i presunti colpevoli e, quando va bene, trafiletti seppelliti nelle ultime pagine a segnalare l’assoluzione, il proscioglimento, l’errore giudiziario. Condividere il proprio intimo dolore, allora, diventa un modo per combattere contro l’ingiustizia, per impedire che tutto ciò si possa ripetere. E andare avanti, come le diceva suo padre, a testa alta”. Avanti, anche se le ferite restano. Cicatrizzate, ma restano per ricordare chi ti ha procurato quelle ferite ma soprattutto. Fu l’inizio di un incubo per il presentatore, ma anche per la sua famiglia e per tutte le persone a loro vicine: per anni Enzo Tortora rammentare a te stesso, se riesci a sopravvivere, che sei stato capace di superare guai e dolori.
Stefano Bisi