Paolo Maldini Milan: Come lui nessuno mai! Paolo di ruolo terzino, che calcia di destro diventerà uno dei fluidificanti più forti al mondo, ma sull’altra fascia grazie alla sua naturale capacità di saper calciare anche di sinistro.

Dotato di una grande falcata e di un impressionante progressione a secco e con la palla, garantiva copertura e spinta lungo tutta sua fascia di appartenenza. Aveva senso della posizione e grande intelligenza tattica. Specialista nei tackle e negli anticipi, incarnava il ruolo del terzino moderno, capace anche di andare a rete oltre che di crossare per far fare gol ai suoi compagni.

Fisico asciutto e carriera terminata a 40 anni, Paolo Maldini legando il suo nome al Milan ha finito per costruire una delle più belle e tumultuose storie d’amore. Dentro e fuori dal campo.

Paolo Maldini, Milan: la carriera solo in rossonero

Era un inverno del 1985. Il 20 di Gennaio, il Milan di Nielsen Liedholm a fine primo tempo perdeva 1-0 contro l’Udiense al Friuli e Battistini dovette uscire per infortunio. Subentrò un giovanissimo Paolo Maldini che si completò sulla linea difensiva formata dai centrali Franco Baresi e Agostino Di Bartolomei e dal terzino sinistro Luigi Russo.

Da quel momento giocherà solo e soltanto in maglia rossonera, tant’è che nella stagione successiva dopo essere stata bloccata una trattativa che lo vedeva in prestito all’Ascoli allenato da Vujadin Boskov veniva stabilmente inserito in Prima squdra.

Se nei primi periodi veniva impiegato come centrale di sinistra al fianco di Baresi, dalla seconda parte della sua prima stagione si prendeva definitivamente la fascia sinistra nel ruolo di terzino.

Sull’orlo del fallimento evitato grazie all’avvento di Silvio Berlusconi, il Milan annovererà tra le sue fila da quel momento in poi tra calciatori e allenatori dei protagonisti capaci di scrivere pagine di grandissimi successi. Paolo Maldini farà parte di diverse squadre che nei loro cicli vinceranno tutto, in campo nazionale e internazionale. Prima con il Milan di Sacchi e degli olandesi, e poi con quello di Capello alzerà trofei a gogò: scudetti, Coppe Campioni, Supercoppe Europee e Coppe Intercontinentali a ripetizioni.

Paolo Maldini però si è reso indiscutibilmente protagonista anche dei tanti Milan che hanno vissuto anni bui sotto la guida di Tabarez del Capello bis e del Sacchi bis.

Ritornerà ad assaporare il gusto della vittoria ma da capitano, con lo scudetto inaspettato di Zaccheroni e l’avvento in panchina del ex compagno di squadra Carlo Ancelotti col quale scriverà altre pagine fortunate e vincenti conquistando vittorie di prestigio in Europa e nel mondo.

Dopo 25 anni, 7 scudetti, 5 supercoppe italiane, 1 coppa Italia, 5 Champions League, 5 supercoppe europee, 2 coppe intercontinenntali e 1 Coppa del Mondo per Club, Maldini lascerà il calcio giocato il 24 maggio del 2009.

Il triste addio al calcio

All’età di 40 anni, al termine del campionato die serie A 2008/09, Paolo Maldini dice basta. L’ultma partita casalinga è quella con la Roma (il Milan la perderà 2-3) e i tisosi sono tutti pronti per omaggiare il capitano.

70 mila spettatori avrebbero dovuto appaludire al giro di campo il numero 3 della storia rossonera ed invece dalla curva Sud, arrivano fischi di contestazione. Una frangia di ultrà non aveva digerito prima e perdonato poi le dichiarazioni di Palo Maldini contro “certi comportaenti” della curva.

Tanti comunque sono gli applausi, ma l’amarezza per non aver vissuto la giornata particolare dell’addio al calcio giocato rimane. Non soltanto impressa nelle menti dl calciatore che ha dato tutto per i colori rossoneri, anche fra la gente comune che era presente allo stadio e che ha visto la partita alla tv.

Il sorriso però a Maldini è tronato la settimana dopo, il 31 maggio quando in occasione di Fiorentina-Milan, al Franchi di Firenze è stato omaggiato nel migliore dei modi da tutto lo stadio e dai tifosi avversari. Quello che

Il Ritorno come direttore tecnico

Dopo anni di totale stinenza dalla vittoria, il Milan vive un momento storico dove gli avvicendamenti sula panchina sono oramai un abitudine. Tanti, dopo la cessione della società da Parte di Silvio Berlusconi, inneggiano al ritorno di qualche figura storica rossonera tra i dirigenti, a un profilo capace di capire le cose di campo che una proprietà di un Fondo di investimento che mira solo ed sclusivamente al risultato economico non comprende.

E così che dopo essere stato lontano dal calcio, nell’agosto del 2018 durante la proprietà del fondo Elliot, fa il suo ritorno in società nelle vesti di Direttore dello sviluppo strategico dell’area sport Paolo Maldini.

Inizialmene qualcosa sembra essere cambiato, si vedono i primi acquisti mirati, un indicazione di progetto tecnico e la volontà di riportare agli antichi fasti il Milan. L’obiettivo però non è raggiunto e dopo aver fatto fuori dalla guida tecnica Montella, Gattusoe Giampaolo, l’ex capitano numero 3 ingaggia Stefano Pioli. Con lui il Milan che nel frattempo grazie a Maldini ha acquistato giocatori non dai nomi altisonanti ma comunque bravi ed incerca di consacrazione, vincerà lo scudetto numero 19 della storia alla fine del campionato 2021/2022 strappandolo ai cugini dell’Inter dopo una cavalcata interminabile ed incredibilmente vincente.

Il licenziamento

Con lo scudetto sulle maglie, (nel frattempo Elliot vende a Red Bird) il Milan ha da difendere ciò che ha conquistato e sicuramente da migliorare laddove i traguardi sono più prestigiosi. Non bastano però l’arrivo in semifinale di Champions, il quarto posto, ovvero la qualificazione alla prossima Champions perché Maldini si salvi.

Era palesemente chiaro che ci fossero delle vedute diverse tra proprietà e dirigenza, (avvertite nelle dichiarazioni pubbliche, durante le interviste) ma non da pensare ad un lincenziamento di Maldini reo secondo la proprietà di non aver gestito al meglio la sua area di competenza, e di aver acquistato giocatori come Origi e De Ketelaere, che si sono rivelati autentici flop.

Ieri, 6 giugno 2023, si chiude un altro capitolo della storia d’amore tumultosa tra il Milan e la leggenda del Milan. Se nel lontano 2009 aveva definitivamente appeso le scarpe al chiodo, non senza alcune contestazioni, oggi Paolo, al quale sono stati imputati solo dei piccoli errori e non tutti i meriti per aver riportato il Milan alla vittoria, non è più il direttore tecnico della sua amata squadra.