Il Decreto lavoro ha modificato il meccanismo sanzionatorio verso i datori di lavoro che hanno omesso il versamento delle ritenute Inps.
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale eroga prestazioni economiche per eventi che impediscono al dipendente di lavorare. Un esempio può essere la malattia, la maternità, il congedo parentale e anche la pensione.

Tutte queste prestazioni vengono finanziate soprattutto dai contributi a carico del datore di lavoro e in parte anche alle ritenute a carico del dipendente, trattenute in busta paga. Se il datore di lavoro non provvede a versare le ritenute previdenziali rischia una sanzione amministrativa pecuniaria. Il Decreto Lavoro ha operato modifiche proprio sulle sanzioni. Vediamo cosa cambia.

Omesso versamento ritenute Inps, tagliate le sanzioni: ecco cosa cambia

Il Decreto Lavoro ha modificato il meccanismo sanzionatorio verso i datori di lavoro che non hanno versato le ritenute previdenziali Inps. Le elevatissime sanzioni fino a 50.000 euro vengono eliminate: un taglio non di poco conto.

Come funzionava prima delle modifiche? Anche per poche decine di euro di versamenti omessi o eseguiti in ritardo, le sanzioni arrivano ad importi considerevoli. Il Decreto Legge n. 463/1983 prevede che l’omesso versamento, per un importo superiore a 10.000 euro annui, è punibile penalmente, con la reclusione fino a 3 anni e una multa di importo fino a 1032,00 euro. Invece, per omissioni non superiori a 10.000 euro annui, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro.

Un meccanismo sanzionatorio fin troppo elevato, che ha sollevato molte critiche da parte dei datori di lavoro che, in molti casi, si sono ritrovati con avvisi e sanzioni elevate. Ma è intervenuto il Decreto Lavoro, modificando quanto stabilito dalla Legge n. 463 del 1983, in riferimento alla sanzione amministrativa pecuniaria, per omissioni fino 10.000 euro annui.

Cosa cambia? Le sanzioni vengono ridotte: in particolare, vengono modificate le parole della DL “da euro 10.000 a euro 50.000” con “da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso”.

Quando non si applicano le nuove disposizioni

Ci sono alcuni casi in cui le nuove disposizioni sulle sanzioni non possono trovare applicazione. Non si applicano per le ordinanze, ovvero per le ingiunzioni per le quali sia intervenuto il pagamento integrale della sanzione amministrativa.

Nelle ipotesi di pagamento rateale, quando l’importo delle rate versate risulta superiore, al 5 maggio 2023 (entrata in vigore del Decreto), a quello della sanzione amministrativa rideterminato, allora gli uffici Inps territoriali, devono ricalcolare l’importo della sanzione e comunicare all’interessato la definizione del procedimento sanzionatorio.

Nel caso in cui, sempre alla stessa data, l’importo risulta inferiore a quello rideterminato, l’Inps deve procedere ad una nuova quantificazione del piano di ammortamento.

Retroattività per le sanzioni

Con la pubblicazione del messaggio interno n. 1931/2023, l’Inps chiarisce quali sono le modalità di gestione delle ordinanze attualmente oggetto di contenzioso.

La natura sanzionatoria comporta la retroattività. Pertanto, è possibile rideterminare gli importi sanzionatori sulla base della nuova disciplina, mantenendo validità alle notifiche di accertamento già inviate.
Sono stati predisposti quattro modelli di rettifica:

  • Fino al 2015, contenzioso pendente;
  • Fino al 2015, rateazione in corso;
  • Dal 2016, contenzioso pendente;
  • Dal 2016, rateazione in corso.

Nei casi di contenzioso giudiziario, il legale dell’istituto provvederà a comunicare la rideterminazione dell’importo e la possibilità di effettuare versamenti ridotti a metà della sanzione. Il pagamento dovrà avvenire entro i 60 giorni successivi all’udienza.

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