Oramai siamo ai ferri corti. Sembra evidente a tutti la volontà di Stellantis di dirottare la maggior parte delle risorse verso la Francia a discapito dell’intero comparto automobilistico italiano.

Attacco al casato Agnelli: stanno abbandonato il paese

Chissà cosa ne penserebbe l’avvocato Gianni Agnelli di questo momento in cui la sua famiglia è così tanto sotto attacco. Dalla questione per l’eredità fino alle accuse che si sentono muovere contro il capo famiglia John e il suo presunto desiderio di chiudere gran parte degli interessi in Italia.

C’è chi lo vorrebbe in procinto di vendere la Juventus e il gruppo Gedi. Tutte voci s’intende, ma ormai è diventata una prassi dare contro agli Elkann, da Confindustria a De Benedetti si moltiplicano gli articoli contro.

Negli ultimi giorni però, il nipote prediletto di Gianni non ha fatto nulla per non entrare nel mirino. Il presidente infatti, nelle ultime uscite ha tirato fuori un paio di gaffe non certo degne della famiglia che rappresenta.

La prima è veniale, se così si può dire, un semplice errore di ricerca di chi gli scrive i discorsi forse. Perché non possiamo pensare che nessuno sappia che la Fiat è stata fondata nel 1899 e non tre secoli fa.

La seconda assai più ponderata e forse ancor più grave, nei contenuti sicuramente, alquanto discutibili. Una bugia bianca insomma, un modo di intendere la proprietà privata in maniera molto elitaria.

Non si può scappare dall’assunto che la Fiat è stata l’Italia per decenni. Così come non ci sarebbe mai stata la Fabbrica Italiana Automobili Torino senza la sua classe operaia, i suoi impiegati e gli aiuti di stato elargiti per tutto il secolo breve e oltre.

Per tutta la sua vita e ancora oggi, la Fiat ha ricevuto aiuti di ogni genere, dalle commesse di guerra nei conflitti mondiali pagate in oro, ai continui incentivi alla rottamazione, fino agli incentivi per l’industrializzazione del sud e chi più ne ha più ne metta.

E allora non vogliamo infierire ma solo sottolineare, come ha scritto Bragantini su il Domani. John Elkann “s’è dimostrato abile finanziere e non è tenuto a conoscere la storia patria, ma quella del suo gruppo sì”.

La Fiom-Cgil denuncia una volontà di nuovi ‘esodi’

Sono ormai mesi che si sta svolgendo un vero e proprio braccio di ferro tra la Fiom e Stellantis. La segretaria della Fiom Cgil Basilicata, Giorgia Calamita, unitamente ai delegati dello stabilimento di Melfi (Potenza), continuano a denunciare un pressing dell’azienda per incentivare un nuovo esodo attraverso l’utilizzo delle trasferte.

“Chiediamo a Stellantis un incontro nel quale garantire la certezza occupazionale e contestualmente verificare le condizioni che potrebbero portare a un eventuale impedimento della trasferta. Riteniamo che spesso si agisca con azioni mirate a discriminare e a incentivare ulteriormente l’esodo per ridurre il personale nello stabilimento con l’unico obiettivo di ridurre i costi e con un rischio elevato per la tenuta complessiva dell’occupazione, anche per i lavoratori dell’indotto”.

Non solo un problema industriale e di lavoro. I problemi evidenziati riguardano anche le trasferte proposte agli operai che mira, secondo i sindacati a diventare un metodo di pressione. Queste riguardano anche operai con difficoltà oggettive e garanzie per rifiutare la proposta di trasferta.

“Riteniamo ormai necessario il confronto – prosegue Calamita – in quanto ci risulta che le comunicazioni di trasferta vengono inoltrate senza prendere in considerazione in alcun modo la volontà dei lavoratori, anche nei casi in cui vi sia un impedimento oggettivato da requisiti della legge 104/1992 che per il lavoratore disabile o che deve assistere un disabile stabilisce la possibilità di chiedere il trasferimento presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, prevedendo inoltre il divieto per l’azienda di trasferire il lavoratore disabile o che accudisce il disabile di essere trasferito senza il suo consenso. Serve un confronto urgente con l’azienda – conclude il sindacato – per affrontare anche il tema della trasferta prolungata per diversi mesi, paragonabile a un vero e proprio trasferimento, per cui lesivo ancor di più per quei lavoratori in possesso di certificazione della legge 104 attribuita al lavoratore o al parente”.