Una è finita in una clinica psichiatrica, l’altra è stata per anni bombardata di farmaci e messa in silenzio: sono inquietanti gli effetti della sparizione di Emanuela Orlandi sulle sue amiche. Del resto, nonostante siano passati ormai quasi quarant’anni, il caso della ragazza vaticana non ha mai smesso di attirare attorno a sé ombre e misteri.

Le inquietanti storie delle amiche di Emanuela Orlandi dopo la sparizione

Il riferimento è a Raffaella Monzi e Silvia Vetere. La prima, che all’epoca della sparizione di Emanuela Orlandi, nel 1983, aveva 19 anni e studiava musica a Sant’Apollinare, come la ragazza scomparsa, sarebbe ora ricoverata in una clinica psichiatrica. Fu lei, dopo i fatti, a raccontare agli inquirenti di aver visto la sua amica prendere accordi con delle persone per un lavoro di volantinaggio legato all’azienda di cosmetici Avon in cambio di 375mila lire. Rivelazioni che, sulla sua vita, ebbero un certo peso.

Da quel giorno non è stata più la stessa. Eravamo tanto esasperati e spaventati che decidemmo di andare via da Roma e di trasferirci a Bolzano, ma c’erano persone (mai identificate, ndr) che hanno continuato a controllarci. Raffaella fu seguita da un giovane biondino. Ogni volta ce lo trovavamo davanti e un giorno le disse: ‘Vieni via con me, lascia i tuoi genitori…’,

raccontò la mamma in un’intervista, secondo quanto riferito dal Corriere della Sera. In pratica, dopo la scomparsa della sua amica, Raffaella avrebbe per anni vissuto nel terrore, tanto da farne una malattia. La sua storia è molto simile a quella di un’altra delle amiche di Orlandi, Silvia Vetere, la compagna di classe di Emanuela che, nei giorni successivi al delitto aveva raccontato ai giornalisti di una confidenza fattale dalla 15enne poco prima: “Non mi vedrete per un po’”. Come se potesse essere a conoscenza del suo destino. Anch’essa come Raffaella, avrebbe poi subìto delle importanti ripercussioni, finendo per essere sedata e, secondo i familiari, messa a tacere.

C’è poi una terza storia, quella di Pierluigi Magnesio, anch’egli all’epoca dei fatti compagno di classe di Emanuela. Il giovane, oggi 55enne, era finito nel mirino degli inquirenti perché portava lo stesso nome della prima persona che, telefonando in casa Orlandi, aveva detto di avere notizie sulla ragazza scomparsa. L’ipotesi è che sia stato spinto a chiamare la famiglia dai suoi sequestratori (sotto minaccia), per depistare le indagini. Ipotesi avvalorata dal fatto che, qualche anno più tardi, un giovane chiamò una trasmissione in diretta dicendo:

Sono Pierluigi. Se parlo mi ammazzano.

Le richieste di poterlo riascoltare sarebbero rimaste, però, sempre inascoltate.

Gli ultimi sviluppi del caso

Sono misteri che da sempre avvolgono uno dei casi più discussi delle cronache italiane. Caso su cui si è tornati di recente ad indagare. Proprio oggi, in Parlamento, si discuterà nuovamente della possibile creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta per indagare sulla sparizione di Orlandi e Gregori. Intanto, qualche giorno fa, da un ex carabiniere dell’Arma è arrivata l’ultima rivelazione sulla scomparsa. Antonio Goglia, questo il suo nome, avrebbe scritto una lettera al sostituto procuratore Stefano Luciani dichiarando che

nei sotterranei di Castel Sant’Angelo […] dovrebbero trovarsi resti umani, compresi quelli di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

Un’ipotesi a cui il fratello di Emanuela, Pietro, da sempre in prima linea per cercare la verità sulla ragazza, non crede. Da poco, in occasione della sua convocazione in Vaticano, ha reso noti nuovi dettagli sul caso, sostenendo che – come era stato già ipotizzato in passato – Emanuela, dopo il sequestro, possa essere stata portata a Londra, in Inghilterra, almeno in un primo momento. Nell’attesa che siano fatti passi in avanti, per il 25 giugno ha organizzato un sit-in a Roma in occasione dei 40 anni dalla scomparsa.

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