Il Roma Pride 2023 non potrà contare sul patrocinio della regione Lazio. Il presidente Rocca ha deciso, infatti, di revocare il patrocinio inizialmente concesso alla manifestazione prevista per sabato 10 giugno a Roma. Il passo indietro, richiesto a gran voce dall’associazione ProVita&Famiglia, è stato motivato alla luce di alcuni contenuti presenti nel manifesto dell’evento. Il riferimento, in particolare, è al sostegno del Pride alla propaganda pro maternità surrogata. Per le associazioni LGBTQIA+ la decisione della regione Lazio, il cui presidente è espresso dal centrodestra, non è che l’ennesimo attacco che il Governo Meloni ha deciso di muovere contro il mondo arcobaleno.
Patrocinio Roma Pride, Marrazzo (Partito Gay): “C’è chi partecipa ai Pride ma poi non fa niente di concreto quando ha la possibilità”
La regione Lazio ha deciso di revocare il patrocinio al Roma Pride previsto nella capitale per il 10 giugno. Dopo aver concesso la sponsorizzazione, infatti, il presidente Rocca ha deciso di fare marcia indietro. A spiegare i motivi è oggi lo stesso governatore, il quale afferma di essere stato strumentalizzato dagli organizzatori del Pride che avrebbero rivendicato il patrocinio della regione come una forma di supporto della stessa alla pratica della Gpa, la Gestazione per altri.
La risposta del presidente della regione Lazio, che respinge al mittente le accuse di omofobia, non placa però la protesta della comunità LGBTQIA+ che taccia Rocca di ignavia e denuncia come la regione Lazio abbia ceduto alle pressioni di un «manipolo di talebani cattolici» come Provita&Famiglia. Secondo le associazioni arcobaleno, infatti, la decisione presa dalle istituzioni del Lazio si inserisce a pieno titolo in quel corso di attacchi che da mesi le comunità LGBTQ+ subiscono dal Governo.
La redazione di TAG24 ha così raggiunto Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay LGBT+, Solidale, Ambientalista, Liberale, per commentare quanto avvenuto ieri. Marrazzo, in apertura di intervista, chiarisce subito un punto:
“Aderire al Pride significa aderire a una piattaforma politica. Però occorre sgomberare il campo dalle ipocrisie: ci sono partiti che partecipano ai Pride ma quando sono è al Governo non riescono neanche a portare a casa una legge contro l’omofobia. Noi ci siamo candidati alle scorse elezioni politiche facendo una scelta chiara con il Movimento 5 Stelle con con cui portiamo avanti un programma per dare pieno supporto alle istanze della nostra comunità.
Un altro tema è quello dell’utero in affitto e della gestazione per altri. La prima pratica va condannata sempre: l’utero in affitto, come avviene India, rappresenta davvero uno sfruttamento per le donne. La GPA può essere invece parentale ed è un’altra cosa. Pensiamo al Canada, dove la pratica avviene senza sfruttamento e senza alcuna richiesta economica. Le donne che lì decidono di condurre una gravidanza per altri hanno infatti già alti redditi.
Questi però sono altri argomenti: è importante sostenere i Pride ma alcuni argomenti complessi non possono essere trattati in questo modo. Purtroppo era ovvio che una forza politica che promuove altre istanze non avrebbe aderito alla manifestazione. Questa scelta non meraviglia nessuno. Casomai meravigliano quelle forze politiche che aderiscono al Pride ma non portano avanti battaglie politiche concrete. Il Partito Gay è nato proprio per mettere in luce le azioni di chi dice dice e poi non fa niente. Certo è che nell’attuale Parlamento c’è una maggioranza che difficilmente darà risposte alla nostra comunità. Per quest noi continueremo la nostra battaglia extraparlamentare”.
Mi sembra che l’attacco sia al Partito democratico, è corretto?
“Sì, assolutamente”.
Come ha accolto invece la decisione del presidente Rocca di revocare il patrocinio al Roma Pride?
“Come dicevo, ci si poteva aspettare che una maggioranza che non ha determinati temi nel suo programma prenda simili decisioni. La loro posizione è sempre stata chiara, ieri è stata solo esplicitata. Era difficile ci potesse essere un patrocinio su una piattaforma politica di rivendicazione che ad oggi nessuna amministrazione e nessun partito in Italia ha mai attuato”.
In Italia si parla molto di Gestazione per altri, nonostante ci sia già una legge che vieta questa pratica e che ora sarà rafforzata con l’introduzione del “reato universale”. Che vento culturale tira in Italia?
“Il problema è che la legge che stanno elaborando è una legge discriminatoria. In Italia ci sono 400 casi di Gpa, di cui circa 20 riguardano coppie omosessuali. Vuol dire che la stragrande maggioranza delle coppie che ne fanno ricorso sono eterosessuali.
Il problema è che la coppia etero che va all’estero e torna in Italia con il bambino, sul certificato avrà scritto che tizio è padre e tizia è madre. Questo perché non si potrà determinare se il bambino è nato o meno con la Gpa. Per le coppie omosessuali invece questo è evidente. Per questo la legge su cui lavora il Parlamento è discriminatoria e colpisce solo le coppie gay, peraltro senza neanche fare distinzione tra utero in affitto – se la pratica è avvenuta in Russia o in India – o se si tratta di Gpa gratuita e altruistica. È questo il problema”.