Nell’ultima udienza del processo a carico di Alessia Pifferi sono state ascoltate le testimonianze dei poliziotti intervenuti nell’appartamento in cui la donna viveva con la figlia di 18 mesi nel giorno in cui la piccola fu trovata morta. Quando la scientifica arrivò sul posto, poco dopo la segnalazione, trovò la 37enne sul divano, mentre la bimba, deceduta dopo essere stata abbandonata in casa da sola per quasi una settimana, era nella culla, con le estremità del corpo annerite.
Le testimonianze dei poliziotti nel corso del processo ad Alessia Pifferi
Entrando, gli agenti si erano trovati davanti due grandi valigie piene di “vestiti da donna, almeno 30 abiti da sera“. Alessia Pifferi era seduta sul divano, “in evidente stato di agitazione”; la piccola Diana, morta di stenti dopo essere stata lasciata sola per sei giorni – mentre la mamma frequentava il nuovo compagno a Bergamo, con la scusa di averla lasciata dalla nonna – era adagiata – senza vita – su un lettino da campeggio, senza pannolino, “umida”, come se fosse appena stata lavata, e con le estremità del corpo annerite.
Nel frigo, praticamente vuoto, non c’erano tracce di cibo per bambini, ma solo
Coca Cola, acqua, un piatto di avanzi, una mela e una salsa di pomodoro.
Accanto al corpicino, oltre a un biberon “con un residuo di latte”, c’era una boccetta semivuota di tranquillanti. È questo il quadro che emerge dalle parole rilasciate in aula dalla dirigente del gabinetto regionale di Polizia scientifica Annamaria Di Giulio, che il 20 luglio scorso è stata tra i primi ad entrare nell’appartamento di via Parea, a Milano, dove la bimba di 18 mesi era stata trovata morta dopo essere stata abbandonata per giorni dalla madre, accusata ora di omicidio pluriaggravato.
Le parole della sorella in aula
Davanti a noi le dava da mangiare tantissimo. Faceva la mamma e se la criticavamo ci diceva che lei sapeva fare la mamma,
ha dichiarato, dopo aver ascoltato le testimonianze degli agenti intervenuti in aula, la sorella di Alessia Pifferi, Viviana, costituitasi parte civile al processo insieme alla mamma. L’imputata, ha raccontato,
è sempre stata un tipo curatissimo nei vestiti, tacchi alti e abiti sempre eleganti. Sentire certe cose sul corpicino di una bambina trovata lì, con i vestiti però nelle valigie… Tutto suo, niente della piccola.
Fin dall’inizio la zia della bimba ha dichiarato di volere che sia fatta giustizia e che la sorella venga condannata.
L’opinione della difesa
Nelle scorse settimane la difesa di Alessia Pifferi ha più volte puntato il dito contro la donna e sua madre, accusandole di aver lasciato la piccola Diana “nelle mani di un’altra bambina” e chiedendo che vengano indagate per abbandono di minori. Pur essendo stata riconosciuta capace di affrontare il processo, l’imputata sarebbe infatti affetta da un “grave ritardo mentale”. In pratica, stando a quanto ricostruito dagli esperti, avrebbe un “quoziente intellettivo pari a quello di una bambina di 7 anni”. E secondo il legale che la sostiene, l’avvocata Alessia Pontenani, non sarebbe in grado di intendere e di volere.
Per il momento la perizia psichiatrica le è stata negata. Nel corso delle indagini è emerso, infatti, che la 37enne avesse già lasciato da sola sua figlia in altre occasioni. L’ipotesi è che, vivendola come un “ostacolo” alle sue relazioni, possa averla abbandonata con l’intento – anche involontario – di “liberarsi di lei”. Sempre secondo gli agenti intervenuti nel suo appartamento, negli attimi seguenti alla scoperta della morte della bimba, non si sarebbe preoccupata delle sue condizioni, ma avrebbe solo chiesto agli inquirenti se sarebbe finita in carcere.
Alessia Pifferi non chiedeva nulla della bimba – ha raccontato sempre Di Giulio -, ma solo quali sarebbero state le conseguenze legali per lei.