È stata fissata per il prossimo venerdì l’autopsia sul corpo di Giulia Tramontano, la 29enne di Senago uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello lo scorso sabato sera. Per l’occasione i familiari della vittima hanno deciso di non nominare alcun consulente di parte, ma di affidarsi a quelli scelti dal pm, che saranno coordinati da Cristina Cattaneo. L’obiettivo sarà fare luce su alcuni dettagli del brutale omicidio e chiarire una volta per tutte le responsabilità del killer, che davanti agli inquirenti ha ribadito, nelle scorse ore, di aver agito da solo.
Omicidio Giulia Tramontano, fissata per venerdì l’autopsia sul corpo della 29enne
Dall’esito dell’esame autoptico dipenderanno i prossimi aggiornamenti sul caso. I medici legali incaricati dalla Procura dovranno capire se la giovane abbia ricevuto altri fendenti oltre a quelli già accertati – due alla gola e uno al torace – e quale di questi sia stato quello mortale. Ma anche quanti giorni avesse il bimbo che Giulia portava in grembo e che avrebbe voluto chiamare Thiago. Un accertamento che potrebbe portare gli inquirenti ad accusare Impagnatiello di duplice omicidio.
Prima dello svolgimento dell’autopsia, gli investigatori torneranno, intanto, sulla scena del crimine, l’appartamento di via Novella in cui i due convivevano, posto sotto sequestro dallo scorso 1 giugno, per “cristallizzare” le prove e trovare le altre armi incriminate, gli altri coltelli usati dal 30enne oltre a quello già acquisito. Mentre proseguono le indagini, il killer, reo confesso, ha ribadito di aver fatto tutto da solo.
Si tratta di un dettaglio importante, su cui dovrà essere fatta chiarezza. Alcuni ipotizzano che, visto il peso della giovane – incinta al settimo mese – difficilmente Impagnatiello avrebbe potuto sbarazzarsi del corpo senza farsi aiutare o essere visto da qualcuno. Lui, comunque, ha più volte escluso questa ipotesi. Nel carcere di San Vittore, oltre a non avere contatti con gli altri carcerati, è sottoposto a stretta sorveglianza perché più volte, dopo il delitto, ha parlato della possibilità di suicidarsi.
Le dichiarazioni del legale della famiglia
Il legale che assiste i familiari della vittima, l’avvocato Giovanni Cacciapuoti, ha fatto sapere che non nomineranno alcun consulente di parte, ma si affideranno a quelli già scelti dal pm.
La famiglia di Giulia Tramontano fin da subito ha temuto questo tragico epilogo in quanto era difficile pensare che la loro figlia in attesa di un bimbo, nonostante il naufragio della relazione sentimentale, si fosse volontariamente allontanata da casa,
ha dichiarato. L’allarme era scattato domenica scorsa, quando il fidanzato di Giulia ne aveva denunciato la scomparsa, raccontando alla sua famiglia e agli inquirenti di non averla trovata in casa al rientro dal lavoro, nel pomeriggio. Aveva confessato di averla uccisa – accoltellandola – qualche giorno dopo, indicando anche il luogo di occultamento del cadavere, un terreno situato a pochi metri di distanza dal loro appartamento. Lì, stando a quanto ricostruito finora, l’avrebbe abbandonata, dopo aver provato a bruciarne il corpo, tenendolo per giorni in cantina, nel box auto e nel suo bagagliaio.
Le telecamere di sorveglianza lo avrebbero ripreso più volte uscire dall’abitazione con in mano dei sacchetti di plastica contenenti vestiti, presumibilmente quelli usati per pulire la scena del crimine, nei momenti in cui, cercando di depistare le indagini, inviava messaggi a Giulia – già morta – fingendo di essere al lavoro e mostrandosi allarmato per la sua scomparsa. Gli esperti lo hanno definito un “narcisista manipolatore”, mettendo in evidenza come non abbia mai nominato il nascituro ucciso. Come se per lui il bimbo – e di conseguenza la sua compagna – fossero un ostacolo da eliminare “per la qualità della vita che immaginava per sé”.
L’avvocato di Impagnatiello rinuncia all’incarico
Dopo l’ultima visita al suo assistito in carcere, il legale di Alessandro Impagnatiello, l’avvocato Sebastiano Sartori, ha fatto sapere di voler rinunciare all’incarico.
È stata una questione fra me e il mio assistito,
ha dichiarato, depositando l’apposito atto in Procura. Il detenuto, stando alle sue parole, si troverebbe in uno stato di “angoscia”. I motivi della sua decisione sono coperti dal segreto professionale.