Secondo la nota criminologa Roberta Bruzzone, nell’omicidio di Giulia Tramontano Alessandro Impagnatiello non si sarebbe servito di alcun complice. L’ipotesi che qualcuno possa aver aiutato Impagnatiello a disfarsi del cadavere della sua fidanzata è infatti oggi al vaglio degli inquirenti che si chiedono come abbia fatto il barman a spostare il corpo di Giulia – incinta di sette mesi – senza imbattersi in nessuno. L’occultamento del cadavere di Giulia è però solo uno dei tanti aspetti che devono ancora essere chiariti. Lo stesso Impagnatiello continua, infatti, a offrire versioni deliranti e discordanti su quanto accaduto la sera del 27 maggio.

Roberta Bruzzone: “Il vero obiettivo di Impagnatiello era il bambino che Giulia Tramontano portava in grembo”

Roberta Bruzzone è convinta che Alessandro Impagnatiello abbia ucciso Giulia Tramontano e si sia disfatto del suo cadavere senza l’aiuto di nessun complice.  Il motivo? Una personalità narcisistica e manipolatrice come quella del killer difficilmente avrebbe deciso di demolire la sua immagine pubblica raccontando di aver compiuto un atto così efferato. I magistrati, tuttavia, non escludono ancora nessuna ipotesi. Le indagini devono ancora chiarire anche le modalità del brutale omicidio, cercando la verità nelle diverse e deliranti versioni fornite dallo stesso protagonista. E mentre emergono sempre più dettagli – cruciale, in questo senso, la testimonianza dell’altra fidanzata del killer – non si placa l’onda dello sdegno degli italiani di fronte a un assassinio così crudele e feroce.

La redazione di TAG24 ha cercato così di andare a fondo della vicenda con Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense di grande esperienza.

Dottoressa Bruzzone, qual è il suo parere sulla tragica vicenda dell’omicidio di Giulia Tramontano?

“Sin dal momento della scomparsa di Giulia ho temuto, purtroppo, il peggio. Da subito mi sono espressa in questo senso. Appena è emersa la verità sulla doppia vita di Impagnatiello, poi, la paura è diventata sempre più concreta. Questa storia è l’ennesima dimostrazione di come certe personalità, profondamente malevole, possano trasformarsi rapidamente in modo molto aggressivo e distruttivo”.

Lei ritiene plausibile l’ipotesi per cui Impagnatiello abbia avuto dei complici?

“No, francamente non vedo questa ipotesi come plausibile. Il motivo è da ricercare proprio nella personalità dell’omicida, che difficilmente avrebbe condiviso un segreto così terribile con altri, smascherando fino in fondo il suo abisso di depravazione. Io credo che non si sia fatto aiutare e che neanche abbia chiesto aiuto a qualcuno”.

Il gip del tribunale di Milano, Angela Minerva, è convinta che il vero obiettivo di Impagnatiello non fosse Giulia, ma il bambino che questa portava in grembo. Lei è d’accordo?

“È così, condivido pienamente questa affermazione. Io credo che il problema di Impagnatiello fosse il bambino che Giulia aspettava. Mi spiego meglio: la nascita di questo bimbo gli avrebbe imposto importanti limitazioni sotto il profilo della qualità della vita, perché chiaramente avrebbe dovuto destinare al nascituro denaro e risorse, peraltro in un contesto di separazione da Giulia. Il bambino è diventato così innanzitutto un ostacolo di natura economica e un problema per la vita di questo soggetto che chiaramente era concentrato solo su di sé. Il problema non era Giulia. Anzi, se lei avesse scoperto del tradimento non in stato di gravidanza, probabilmente questo terribile omicidio non sarebbe mai accaduto”.

È per questo motivo che, ad oggi, il killer non ha riservato parole di pentimento verso il suo stesso figlio?

“Esatto. Impagnatiello non ha avuto alcun sentimento nei confronti di quel bambino, che per lui era un corpo estraneo. Non a caso lo allontana anche simbolicamente, non nominandolo mai. Ha addirittura cercato di convincere l’altra ragazza che il figlio non fosse il suo, arrivando a falsificare il test del DNA. Se tu compi un’azione del genere, pur sapendo che tu sei davvero il padre, vuol dire che non hai nessun legame emotivo con la creatura. Il bambino era per lui un ostacolo, e Giulia di conseguenza ingombrante. Il figlio avrebbe compromesso, per Impagnatiello, la qualità di vita che lui immaginava per sé.

Trovo sia condivisibile anche il ragionamento della Gip anche per quanto riguarda l‘assenza di progettazione dell’omicidio. La legge prevede per la meditazione un lasso di tempo più ampio di quello riscontrato in questo caso. La progettazione di Impagnatiello sarebbe iniziata infatti pochi minuti prima dell’arrivo di Giulia a casa. Certamente è stato un omicidio volontario, ma la premeditazione è più complessa da stabilire, soprattutto con gli elementi raccolti fino ad adesso”.

Lei ha identificato la personalità di Impagnatiello come quella di «narcisista maligno». Oltre a insegnare alle vittime come riconoscere questo tipo di personalità, cosa possono fare le famiglie per aprire gli occhi alle persone manipolate?

“Sì, ho parlato di un disturbo narcisistico maligno estremamente grave. Purtroppo le famiglie e gli amici sono sempre i primi a fiutare che qualcosa in questi soggetti non va. Il vero problema è che le vittime non sentono. Il manipolatore agisce infatti sul piano profondo della vittima, convincendola di possedere delle caratteristiche che in realtà non ha. La vittima crede però che il manipolatore sia altro e sviluppa una vera e propria dipendenza dal legame con questo. Dall’esterno purtroppo è complesso intervenire in queste vicende, mi creda, me ne occupo da tanti anni. Bisogna aspettare che la vittima metta in discussione il legame con il manipolatore. Solo a quel punto l’aiuto esterno diventa fondamentale. Nel caso di Giulia i segnali c’erano ampiamente e lei stessa li aveva colti, salvo poi ricadere nelle mani del manipolatore”.

Lei ha affermato che questo delitto le ricorda quello di Melania Rea. Può spiegarci in quali aspetti?

Parolisi era un altro bugiardo patologico, un signore che viveva doppie e triple vite. Anche lui era molto preoccupato della possibilità che la sua qualità di vita andasse incontro a una riduzione, soprattutto se si fosse separato da Melania. C’era una bambina piccolissima da crescere, e Melania non lavorava. Parolisi avrebbe dunque subito un danno economico per mantenerle. Io credo sia stato questo l’elemento decisivo che l’abbia spinto a uccidere Melania. Da narcisista maligno sapeva di non poter condurre più la vita che desiderava, scialacquando il denaro dietro a una moltitudine di donne. Ecco perché credo che i due casi abbiano degli elementi in comune”.