È iniziata questa mattina, presso il Tribunale di Trieste, l’udienza preliminare in cui il gip dovrà decidere se archiviare l’inchiesta sul caso di Liliana Resinovich – chiudendolo definitivamente – oppure chiedere altre indagini. Secondo la Procura, la donna, trovata morta dopo un mese dalla sua sparizione nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, si sarebbe tolta la vita. Una versione dei fatti che non ha mai convinto chi la conosceva, intenzionato a fare luce sull’accaduto.

Caso Liliana Resinovich, tre le opposizioni alla richiesta di archiviazione

In tre – il fratello Sergio, la nipote Veronica e il marito Sebastiano – si sono opposti alla richiesta di archiviazione del caso avanzata dalla Procura. Secondo loro, infatti, si dovrebbe tornare ad indagare, perché molti punti, sulla morte di Liliana Resinovich, non tornano. La donna era stata trovata senza vita, nei pressi del boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni di Trieste, dopo essere stata data per scomparsa per un mese. Di lei si erano perse le tracce il 14 dicembre del 2021.

Era uscita dalla sua abitazione e, da allora, non si erano più avute sue notizie. Sul corpo, nascosto in dei sacchetti di plastica per l’immondizia, non erano stati rinvenuti segni di colluttazione. La causa del decesso, secondo quanto appurato dal medico legale, era da ricondurre a soffocamento. Il giorno della scomparsa avrebbe dovuto incontrare un uomo, Claudio Sterpin, con cui da un po’, secondo alcune testimonianze, aveva una relazione. Con lui, forse, avrebbe voluto ricostruirsi una vita, dopo essersi allontanata dal marito (che fin dall’inizio sostiene che il loro matrimonio non fosse in crisi).

Chi la conosceva non si arrende all’ipotesi – avanzata dalla Procura – che possa essersi uccisa. C’è un dettaglio che, in particolare, pesa sulla ricostruzione dell’accaduto: quello della data del decesso. Secondo l’autopsia, Liliana sarebbe morta (anche se non è stato possibile definirlo con certezza) pochi giorni prima del ritrovamento del cadavere. Cosa avrebbe fatto, dunque, per tutto il mese precedente? È possibile che, come sostenuto dagli inquirenti, abbia vagato o si sia nascosta per tanti giorni, prima di togliersi la vita? I suoi familiari sono convinti di no.

Cosa non torna secondo i familiari

A farli insospettire sarebbe anche un altro elemento: una ferita da escoriazione rinvenuta sulle dita della sua mano destra, interpretata come un “segno di afferramento”. Afferramento che farebbe pensare al possibile coinvolgimento di altre persone. Come il fatto che – secondo la perizia psichiatrica effettuata dopo il ritrovamento del corpo -, Liliana, negli attimi precedenti alla morte, “stava bene” e non avrebbe assunto farmaci di nessun tipo.

“Verità per Lilly”, “Lily noi non ti dimentichiamo”, si legge su alcuni striscioni apparsi questa mattina davanti al Tribunale, dove decine di persone, nonostante il maltempo, si sarebbero date appuntamento per chiedere giustizia. La Procura aveva chiesto la chiusura del caso sostenendo che

dalle indagini, scrupolosamente condotte, non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile ai danni della deceduta.

Per le parti civili, supportate dalle evidenze rese da diversi periti tecnici, il fatto che non ci siano prove a conferma di reati – come l’omicidio – non lascerebbe comunque presupporre che la donna si sia uccisa. Sarà il gip a deciderlo, dopo aver ascoltato tutti in udienza. Secondo l’amico Fulvio Covalero – le cui dichiarazioni sono riportate dal Quotidiano.Net -,

non potranno fare a meno di indagare ancora.

Negli attimi seguenti alla sparizione della donna l’uomo scrisse sui social di pensare che fosse stata uccisa e abbandonata nei boschi.

Dissi che l’avrei cercata nella vecchia chiesa del parco, dove in effetti andai senza trovare nulla […]. Senza volerlo, ho suggerito come far ritrovare il corpo.

È solo una delle strane coincidenze che, fin dai suoi esordi, avvolgono il caso.

Le parole di Claudio Sterpin e del fratello Sergio

Per Claudio Sterpin, le nuove indagini dovrebbero accertare, in particolare, dove sia stata Liliana tra il giorno della scomparsa e quello dell’omicidio o se sia stata uccisa poco dopo la sparizione.

Se fosse stata viva dopo il giorno della sua scomparsa, il 14 dicembre 2021, avrebbe fatto di tutto per avvertirmi o per avvertire il fratello Sergio. Forse era costretta…

ha dichiarato l’amico e presunto amante ai cronisti all’uscita dall’aula, ribadendo che secondo lui la donna non si sarebbe mai tolta la vita.

Io al suo suicidio non ci crederò mai, ma non solo io, anche tutti i suoi amici più cari. E questa è la cosa più importante. Il suicidio non è nemmeno una verità di plastica e poi, con quelle modalità …ma dai.

È ciò di cui è convinto anche il fratello di Liliana, Sergio, che ha messo in evidenza anche il fatto che il marito non si sia presentato all’udienza odierna.

Sarebbe stato logico che fosse venuto, in fin dei conti si parlava di sua la moglie. Anche se in cuor mio è stato meglio che non sia venuto. Io non volevo certamente vederlo,

ha dichiarato. La decisione del giudice per le indagini preliminari è attesa tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima.