Ha avuto un ruolo chiave, dopo l’omicidio di Giulia Tramontano, l’altra compagna di Alessandro Impagnatiello, la collega di 23 anni di origini italo-inglesi con cui l’uomo aveva intrapreso una relazione da almeno un anno e che, sabato 27 maggio, giorno del delitto, aveva incontrato Giulia per parlare della situazione nel bar di lusso dove il 30enne lavorava come barman, a Milano. Stando ai dettagli emersi dal suo secondo verbale, si sarebbe insospettita del compagno fin da subito, temendo il peggio. Per questo, alle sue richieste di vederla, avrebbe sempre risposto in modo negativo.

Cosa emerge dal secondo verbale dell’altra compagna di Alessandro Impagnatiello

Il racconto della giovane parte proprio dal 27 maggio. Nel pomeriggio lei e Giulia si erano incontrate a Milano per parlare della loro situazione, dopo aver scoperto che Alessandro Impagnatiello aveva una relazione con entrambe e che entrambe erano rimaste incinte, anche se la 23enne aveva deciso di abortire, non sentendosi pronta ad affrontare una gravidanza.

Il nostro incontro è stato davvero cordiale – ha raccontato agli inquirenti -, tant’è che appena ci siamo viste ci siamo abbracciate, per solidarietà femminile.

Nel corso della loro chiacchierata – a cui il 30enne aveva deciso di non partecipare -, Giulia le avrebbe confessato di voler lasciare Impagnatiello per il bene di suo figlio.

Non sapeva ancora se si sarebbe recata a Napoli dai suoi genitori – ha precisato -, ma sicuramente non voleva più vedere Alessandro.

La 29enne, stando a quanto riferito dalla sorella, era venuta a conoscenza del fatto che il compagno la tradisse già a gennaio, ma aveva deciso di perdonarlo. Fin quando, nei giorni precedenti al delitto, non aveva scoperto l’ennesima prova di una doppia vita del 30enne, dopo aver rinvenuto un rossetto all’interno della loro auto. Poi c’era stato il primo contatto con la 23enne, che si sarebbe anche offerta di ospitarla. Lei però

sarebbe comunque tornata a Senago, dopo il nostro incontro, per parlare con Alessandro e lasciarlo.

Un ultimo incontro, insomma, nel corso del quale avrebbe trovato la morte. Dopo averla accoltellata e aver provato a dare alle fiamme il suo corpo, Impagnatiello avrebbe iniziato a chiedere insistentemente all’altra di poterla vedere. La 23enne, che aveva cercato di mettersi in contatto con Giulia tramite messaggio ricevendo solo risposte fredde (scritte da lui, come avrebbe scoperto in seguito), si era insospettita e aveva rifiutato, facendosi accompagnare a casa da un collega.

Lì il compagno si sarebbe presentato poco dopo, visibilmente agitato, dicendole di “essere libero”, perché Giulia se ne era andata. E sostenendo che il bimbo che la donna aspettava non fosse suo. Lei non ci aveva creduto. Per questo, forse, si è salvata.

Il possibile complice e l’autopsia

Gli inquirenti vanno avanti, intanto, con le indagini. Nelle ultime ore starebbero facendo i dovuti accertamenti sulle celle telefoniche a cui i telefoni delle persone contattate da Impagnatiello la sera del delitto erano agganciati. L’obiettivo è capire se l’uomo, in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale, possa essere stato aiutato da qualcuno a disfarsi del corpo della vittima. Per ora non è chiaro. Come non è chiaro se il bimbo che Giulia aspettava e che avrebbe voluto chiamare Thiago potesse essere salvato, se la donna fosse stata soccorsa tempestivamente.

A stabilirlo sarà l’autopsia, che dovrà anche accertare il numero di coltellate inflitte dal 30enne alla giovane. Al momento il gip non gli ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Ma tutto potrebbe ancora cambiare. Intanto, a San Vittore, Impagnatiello è detenuto tra coloro che sono considerati a rischio. Secondo quanto riportato oggi dal Corriere, nel corso dell’interrogatorio seguito alla confessione avrebbe raccontato tutto senza mezzi termini, come un fiume in piena. Gli inquirenti sono convinti che sia un “narcisista manipolatore”. La mamma, intervistata a “La Vita in Diretta”, lo ha definito “un mostro”.