Hanno tutta l’aria di essere un campanello d’allarme, i messaggi inviati da Alessandro Impagnatiello a Giulia Tramontano pochi giorni prima del terribile omicidio che l’avrebbe strappata alla vita. “Che madre sei se vuoi lasciarmi?”, le scriveva, dopo aver saputo che la 29enne, al settimo mese di gravidanza, avrebbe voluto tornare nel suo paese d’origine, Sant’Antimo, in Campania, per iniziare una nuova vita, lontano da lui, dopo aver scoperto di essere stata tradita.

Omicidio Giulia Tramontano, i messaggi inviati da Impagnatiello nei giorni precedenti

Giulia aveva deciso che avrebbero condiviso l’appartamento in cui convivevano da qualche anno, a Senago, in provincia di Milano, finché lei non avrebbe trovato un’altra sistemazione. Una situazione temporanea, quindi, prima di allontanarsi definitivamente dal compagno, Alessandro Impagnatiello, dopo aver scoperto l’ennesima prova di un tradimento, un rossetto che non le appartaneva all’interno della sua auto.

Non voglio che tu sia più il mio compagno così da non aspettarmi più nulla e trovare la mia pace,

gli scriveva il 25 maggio, due giorni prima del delitto. A gennaio, stando alla testimonianza della sorella, aveva già scoperto che l’uomo la tradiva con un’altra, prendendo in considerazione l’idea di abortire. Poi, tornando sui suoi passi, aveva deciso di perdonarlo. E lo scorso aprile era partita con lui per Ibiza, forse con l’idea di riallacciare i rapporti. Pochi giorni prima dell’omicidio, rendendosi conto che i suoi comportamenti non erano cambiati e sentendosi delusa, gli aveva comunicato di voler interrompere la relazione. Lui, però, non aveva accettato la sua decisione.

Ma veramente prima ancora di far nascere un bambino, tu vuoi già dividerci? Vuoi farlo nascere con due genitori separati? Ma che madre sei?,

le aveva scritto. Lei però era convinta delle sue azioni.

Non voglio più combattere e vivere una vita non soddisfatta al fianco della persona sbagliata. Non ho fiducia in te e non ne avrò mai. Ormai il vaso è rotto e io non voglio sistemarlo.

L’incontro con A. il giorno del delitto

Mentre il 30enne tentava di screditarla, accusandola di non essere una buona madre solo per aver pensato di lasciarlo in procinto della gravidanza, Giulia aveva organizzato un incontro con l’altra compagna di Impagnatiello, la 23enne rimasta anonima. La ragazza le aveva fatto sapere che il rossetto rinvenuto all’interno dell’auto era il suo e che la relazione con il fidanzato andava avanti da circa un anno. Entrambe, stando a quanto emerso finora, erano all’insaputa dell’altra vita del 30enne. Per questo, all’incontro chiarificatore, avevano invitato anche lui, con l’intento di spingerlo a dare delle spiegazioni.

Ma lui non si era presentato. Giulia gli avrebbe scritto, quindi, che si sarebbero visti a casa per parlare. Sarebbero stati gli attimi finali di questa storia: una volta rincasato, Impagnatiello avrebbe accoltellato la giovane ripetutamente e avrebbe poi tentato di dare fuoco al suo corpo, mettendo fine alla sua vita e a quella del suo futuro figlio. Nei giorni successivi al delitto, mentre A., preoccupata per le sorti della ragazza, tentava di ricostruire l’accaduto, rifiutando di vedere il 30enne, lui cercava di depistare le indagini, scrivendo dei messaggi su Whatsapp alla sua vittima e chiedendole di tornare a casa o far avere, almeno, sue notizie, dopo averne denunciato la scomparsa.

Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto di Ibiza. So che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi. Ti ho mancato di rispetto. A te che sei stata la prima e unica ragazza ad avere accolto mio figlio (quello avuto in precedenza dall’uomo, ndr). Mi hai fatto esplodere il cuore, non volevo spezzare il tuo. Dicci solo che stai bene,

si legge in uno di questi. Per lei, invece, non c’era già più nulla da fare. Il 30enne si trova ora nel carcere di San Vittore, in una cella per i detenuti considerati a rischio. È accusato di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.