Emilia-Romagna, un’oasi di verde, campi agricoli, città d’arte. Ieri. Oggi invece è praticamente una distesa di fango, molte città e paesini sono sprofondati sotto le tremende piogge che hanno allegato tutto, devastando anche ettari ed ettari di frutteti e campi coltivati. Ora che il ‘peggio’ è passato, i romagnoli devono fare i conti con i rimasugli dell’alluvione: il fango essiccato rischia di soffocare il terreno. E la Coldiretti lancia l’allarme.
La crosta, formata da limo e sabbia, che si è creata sulle distese romagnole rischia seriamente di rendere impossibili gli scambi gassosi fondamentali per le radici delle piante. Dopo freddo, siccità, alluvioni, ora arriva il caldo che, invece far evaporare l’acqua, rischia di trasformare le enormi pozze in masse di fango.
Emilia-Romagna nel fango, Coldiretti: “Allarme fertilità su oltre 100mila ettari”
La Coldiretti quindi lancia “l‘allarme fertilità su oltre 100mila ettari” coltivati dell’Emilia-Romagna. L’Associazione sottolinea:
“I raccolti di ortaggi, grano orzo, mais, girasole, colza e soia coperti dal fango sono andati completamente perduti ma per recuperare la funzionalità dei campi e tornare a seminare è necessario arare in profondità per rimescolare gli strati del terreno e diluire la presenza di limo e sabbia in superficie. Per frutteti e vigneti occorre cercare di intervenire appena possibile, per evitare che l’asfissia radicale uccida le piante con la perdita di produzione per i prossimi quattro o cinque anni”.
Bisogna quindi rimuovere lo strato superficiale per far arieggiare la terra, così da evitare che le piante – superstiti – si danneggino ulteriormente. Un’operazione complicata, che i soli agricoltori non possono eseguire perché hanno i mezzi meccanici inservibili e le strade sono interrotte. Senza evidenziare come questi interventi, che dovrebbero essere rapida, sono anche “costosi“, informa la Coldiretti.
“Si tratta di cercare di far tornare a vivere un territorio con oltre 25mila ettari di frutteti con nell’ordine pesche e nettarine, kiwi, albicocche, susine, pere, kaki, ciliegi e castagni mentre in altri 25mila ettari sono piantati vigneti ma ci sono anche migliaia di ettari coltivati ad orticole come patate, pomodoro, cipolla e altro anche per la produzione di sementi. Oltre 60mila ettari sono coltivati a grano duro per la pasta, grano tenero per il pane, orzo, sorgo e mais. Su altri 7mila ettari si estendono le coltivazioni di girasole, colza e soia”.
I danni sono ancora non quantificabili del tutto. Ma basta pensare che la Regione genera “una produzione lorda vendibile di circa 1,5 miliardi” di euro. Bisogna calcolare anche i costi per tutti gli impianti e i mezzi agricoli andati distrutti o danneggiati gravemente; la bonifica dei terreni e il ripristino delle strade che collegano le aziende agricole fra di loro o le aziende con i centri abitati. L’Associazione aggiunge anche che:
“A pesare c’è anche il fenomeno del dissesto idrogeologico con oltre 30mila persone che vivono in aree a rischio per pericolo di frane tra Ravenna, Rimini e Forli Cesena, assieme a più di duemila unità locali di imprese secondo l’ultimo rapporto Ispra”.
Ma a preoccupare non è solo la situazione degli agricoltori. Anche gli allevatori hanno subito gravi danni, tra bestiame morto e strutture danneggiate. Agli animali “va garantita acqua e alimentazione ma anche la quotidiana mungitura del latte e il suo trasporto”. La Coldiretti conclude:
“In pericolo è l’importante azione di recupero delle razze storiche da parte degli allevatori, dalle pecore alle capre, dal maiale di Mora Romagnola ai bovini di razza Romagnola, che nel passato avevano rischiato l’estinzione”.