Giovedì 8 giugno si festeggia il tax freedom day, noto anche come “giorno di liberazione fiscale”. Questo sarà, quindi, l’ultimo weekend del 2023 in cui si lavora per il fisco. L’Ufficio studi della Cgia ha infatti fatto sapere che mercoledì 7 giugno sarà il giorno in cui i contribuenti termineranno di pagare tasse, imposti, tributi e contributi sociali necessari al fisco. Sono stati necessari 158 giorni di lavoro, sabati, domeniche e festivi inclusi, per adempiere ai versamenti fiscali previsti per quest’anno, ossia Imu, Irap, Ires, Irpef, Iva, addizionali e contributi previdenziali/assicurativi. Si tratta di contributi che sono fondamentali far funzionare le scuole, i trasporti, gli ospedali, i trasporti e per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici e le pensioni. Dall’8 giugno al 31 dicembre si lavorerà solo per sé e le proprie famiglie.
Tax freedom day, cos’è e come si calcola
Per ottenere queste informazioni, si è partiti dalla stima del Pil nazionale prevista per il 2023 (2.018.045 milioni di euro). Tale cifra è stata poi divisa per i 365 dell’anno, al fine di ottenere un dato medio giornaliero, pari a 5.528,9 milioni di euro. Successivamente, il Pil giornaliero è stato rapportato con le previsioni di gettito di imposte, tasse e contributi sociali che i percettori di reddito verseranno nell’anno corrente (pari a 874.132 milioni di euro).
L’anno in cui il “giorno di liberazione fiscale” è stato raggiunto più rapidamente è stato il 2005, quando la pressione fiscale si è attestata al 39%. I percettori di reddito, dunque, il 23 maggio 2005 (a 142 giorni dall’inizio dell’anno) hanno smesso di pagare tasse, imposti, tributi e contributi richiesti dal fisco. Al contrario, l’anno che ha richiesto più tempo per giungere al tax freedom day è stato il 2022, quando la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5%. Il giorno di liberazione fiscale lo scorso anno cadeva il 9 giugno, un giorno in ritardo rispetto al 2023.
Cgia ha spiegato che il picco record di pressione fiscale che si è registrato lo scorso anno è dovuto a una somma di fattori che si sono susseguiti nel 2022. Tra questi si possono menzionare il significativo aumento dell’inflazione, che ha aumentato anche il gettito dell’iva; l’incremento del costo dei prodotti energetici importati; ma anche l’aumento dell’occupazione, che dunque ha aumentato tanto le imposte dirette quanto i contributi previdenziali. Le risorse necessarie per i bonus edilizi e i crediti d’imposta rientrano all’interno della maggiore spesa pubblica.