Sergio Mattarella ha parlato oggi in onore della Festa della Repubblica ai microfoni di Postenews, ricordando i passaggi storici fondamentali di questo momento di grande rinnovamento il per nostro Paese. Correva l’anno 1946, era un caldo 2 giugno: gli italiani sono chiamati alle urne con un compito referendario preciso, ossia decidere tra monarchia e Repubblica, tra corona e Parlamento. A partecipare, con un dato che fa impallidire l’affluenza in caduta libera che si registra oggigiorno, fu l’89% degli aventi diritto. Il 2 giugno 1946 nasce la Repubblica, nasce definitivamente l’Italia che noi viviamo oggi.
E proprio il Presidente di quella Repubblica sorta ormai 77 anni fa oggi commemora il suo atto di nascita con parole ferme e commosse, leggendo i fatti di allora come una chiave per capire il nostro presente politico.
La forma repubblicana venne preferita alla monarchia e acquisì la sua concreta configurazione con la Carta costituzionale. Venne elaborata dall’Assemblea costituente eletta nella stessa occasione del referendum istituzionale: i Padri e le Madri della nostra Repubblica. Il ricorso alla consultazione a suffragio universale, maschile e femminile, con voto libero e segreto, rappresentò già di per sé uno straordinario momento costitutivo della nuova coscienza.
Il Presidente Mattarella prosegue poi soffermandosi su alcuni principi cardine della Costituzione nata dalle ceneri dell’Italia distrutta dalla guerra e parla di «valori che devono continuare ad appartenere a tutti i cittadini»:
Le forme che regolano la nostra convivenza sono la declinazione di principi che ritroviamo nella prima parte della Costituzione. La centralità della persona, il riconoscimento della sua integrità e inviolabilità, il primato dell’uguaglianza tra gli esseri umani, la dignità, la libertà, la solidarietà, i diritti e i doveri caratterizzano la struttura democratica del nuovo Stato nato dalla Liberazione. Sono valori che appartengono a tutti i cittadini. Sono nostri, e vivono nella società nel passaggio tra generazioni nella partecipazione attiva alla vita civile.
Mattarella sulla Festa della Repubblica: “Il lavoro è un principio cardine della nostra Costituzione”
Mattarella insiste poi su uno in particolare dei tanti principi costituzionali messi a fondamento di questa nuova Italia repubblicana, il primo, il più chiaro di tutti: il lavoro. Per Mattarella
La nostra Carta indica il diritto al lavoro che, a ben vedere, è un altro modo di declinare la dignità umana, fatta di realizzazione personale e di strumenti di sostentamento, sulla strada della felicità. Questo è un impegno impresso come incipit nella nostra Costituzione e ripreso nei primi quattro articoli con una chiarezza e una forza eccezionali.
E quando si parla di lavoro in Italia, il riferimento quasi obbligato è ai giovani che si approcciano per la prima volta al mondo occupazionale nel nostro Paese. Un Paese che troppo spesso ha vissuto di un immobilismo lavorativo, quasi di una paralisi, dove gli impieghi sono occupati sempre dai più “esperti”, dove l’età pensionabile cresce e dove i giovani fanno fatica ad infilarsi per trovare una loro piena realizzazione professionale. Mattarella parla anche del lavoro femminile, spesso sacrificato da esigenze economiche e sociali pressanti:
Il lavoro, fondamento della Repubblica, è un obiettivo che ancora manca per troppi giovani e troppe donne. C’è la necessità di connettere le trasformazioni dei modelli economici in atto, in ragione dell’evoluzione tecnologica, con la formazione necessaria per interpretarle, governarle per affermare il primato della persona contro mere logiche di profitto o di dominio.
Focus sui giovani: “Che partecipino alle trasformazioni del Paese”
Sergio Mattarella prosegue nel suo discorso dedicato alle nuove generazioni, nelle quali mani è posta la sopravvivenza della Repubblica e di quei principi che nel 1946 hanno animato al sua costituzione.
I giovani devono partecipare alle trasformazioni in atto nel Paese e non subirne gli effetti. Lavorare in un Paese diverso dal proprio deve essere una scelta e un’occasione per accrescere la propria formazione. Non può essere una fuga necessaria. I giovani chiedono di essere ascoltati. Sono l’energia vitale che va velocemente reintrodotta nel motore dell’Italia.
Il pensiero del Capo dello Stato si rivolge poi a coloro ai quali non sono riconosciuti i pieni diritti di realizzarsi nella società, a coloro che sono obbligati a scegliere l’ipotesi meno peggio e a coloro che sono ostacolati nell’espressione della loro professionalità a causa di costrutti sociali:
L’articolo 3 della Carta assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese. È la nostra declinazione di un diritto alla felicità. Quanto alle donne, vi sono dinamiche vecchie e nuove che influiscono nelle scelte di vita. Sono ancora presenti gli ostacoli da rimuovere per permettere loro una piena realizzazione nella dimensione lavorativa e nel vissuto privato. Quando il diritto di un singolo viene negato è tutta la comunità a risentirne.
Mattarella: “L’unità europea è un successo nella storia del continente”
Sergio Mattarella si sofferma infine sull’importanza della cooperazione internazionale: in un mondo sempre più villaggio-globale, l’Italia si affaccia alle grandi sfide con l’onere e l’onore di far parte di una comunità più grande.
L’unità europea rappresenta uno degli eventi di maggior successo della storia del nostro Continente. Nel quadro delle istituzioni europee e col loro concorso è stato possibile realizzare i maggiori progressi sociali, garantire democrazia e sistema delle libertà, assicurare una condizione di pace dopo i continui conflitti dei secoli precedenti. Nel contesto odierno, in cui la dimensione dei protagonisti della vita internazionale è determinante, nessuno dei singoli Paesi che appartengono all’Unione Europea sarebbe capace, da solo, di svolgere un ruolo efficace.
Il Presidente conclude ricordato le elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno, parlando di una «straordinaria occasione di democrazia per i cittadini di ventisette Paesi» e mandando un monito ai membri: «L’Europa siamo noi».