Spunta l’ipotesi di un nuovo processo per fare luce sull’omicidio di Benedetto Petrone, il 18enne di Bari ucciso in un agguato fascista il 28 novembre 1977. È stata respinta, infatti, nelle scorse ore, la richiesta di archiviazione delle indagini per prescrizione del procedimento a carico di ignoti avanzata dalla Procura a novembre. Il gip, Angelo Salerno, ha rinviato la decisione al prossimo 4 luglio. In quell’occasione si tornerà a discutere della vicenda in camera di consiglio. E si deciderà se dare il via a una nuova inchiesta per individuare gli eventuali complici dell’unico responsabile arrestato, Giuseppe Piccolo, condannato in quanto esecutore materiale del delitto.

Omicidio Benedetto Petrone, verso un nuovo processo?

In vista della prescrizione del processo a carico di ignoti aperto per fare luce sulla morte di Benedetto Petrone, la Procura di Bari aveva chiesto, lo scorso novembre, l’archiviazione delle indagini. Il gip, Angelo Salerno, ha però deciso che, almeno per il momento, l’archiviazione non ci sarà, rinviando la decisione al prossimo 4 luglio quando, in camera di consiglio, si tornerà a discutere dell’omicidio. L’ipotesi è che possa partire un nuovo processo. Fino ad ora, infatti, sull’uccisione del 18enne di Bari, morto in un agguato fascista nel novembre del 1977, non si è mai riusciti a fare completamente giustizia.

L’unica persona finita in carcere per il delitto fu Giuseppe Piccolo. Riconosciuto come esecutore materiale dell’omicidio, l’uomo fu condannato a 22 anni e poi a 16, morendo suicida mentre era recluso nel 1984. Da sempre, si ipotizza che possa aver avuto dei complici, mai individuati. Per questo, a 46 anni dai fatti, si potrebbe decidere di tornare ad indagare.

La ricostruzione dell’agguato fascista che portò alla morte del 18enne

Tutto inizia il 16 novembre del 1977. I membri del Movimento Sociale Italiano (MSI), d’ispirazione neofascista, si danno appuntamento in Piazza Fiume, a Bari, per un comizio. Per l’occasione le principali organizzazioni antifasciste della città si riuniscono nello stesso luogo, con l’obiettivo di impedire la manifestazione indetta dai missini. Ci riescono, ma nelle settimane che seguono il confronto tra le due fazioni si fa serrato. Le aggressioni e le provocazioni, da una parte e dall’altra, sono continue. Il 26 novembre un ragazzo di 14 anni viene aggredito da un gruppo di uomini armati. La stessa cosa si ripete due giorni dopo, il 28 novembre.

Diversi militanti della Federazione Giovanile Comunista Italiana vengono presi di mira per le vie del centro. Fuggono in una vicina sezione del gruppo, chiedendo aiuto. I missini sembrano essersi dati alla fuga, ma, mentre un gruppetto di quattro ragazzi del Fronte fa una perlustrazione, viene aggredito. Tra loro ci sono Franco Intranò e Benedetto Petrone. In cinque gli vanno incontro, mentre gli altri due cercano aiuto, aggredendoli con bastonate e catenate. Intranò riesce a mettersi in salvo; torna indietro per aiutare il compagno, ma viene ferito. Dirà, qualche giorno dopo l’omicidio:

Uno degli squadristi gli stava di fronte, lo ha colpito con un coltello una prima volta, in basso: allora sono tornato indietro, mentre Benedetto cadeva e quello lo colpiva di nuovo, ho allungato il braccio per afferrarlo, e l’assassino mi ha ferito all’ascella.

È un colpo all’addome a risultargli fatale. Quando i soccorsi arrivano, è già morto. Diversi giovani vengono fermati, ma solo in pochi ammettono di aver partecipato al pestaggio. Dalle indagini emerge infine che l’esecutore materiale del delitto è un certo Giuseppe Piccolo, già noto alle forze dell’ordine. Il 23enne viene arrestato. Ai suoi complici, invece, non è mai stato dato un volto. Per questo, a quasi cinquant’anni dai fatti, si potrebbe tornare ad indagare, con la speranza di fare finalmente giustizia sulla morte del 18enne.