Il pignoramento del TFR: elenco delle possibili soluzioni per gestire la tua situazione. È noto che i debiti possono portare al pignoramento delle proprie disponibilità liquide. Questo si riferisce alla procedura di espropriazione forzata del conto corrente, della pensione, del quinto stipendio, della casa e molto altro ancora.
Tuttavia, il vero problema nasce nel momento delle dimissioni dal lavoro o all’atto del licenziamento, ovvero quando al lavoratore spetta di diritto il Trattamento di fine rapporto – TFR.
Infatti, le pendenze debitorie possono essere regolate con la disponibilità della liquidità del TFR. In altre parole, è possibile che scatti nell’immediato il pignoramento del trattamento. Vediamo insieme quando e come tutelare il TFR dal pignoramento.
Pignoramento TFR: le regole
Il pignoramento del trattamento di fine rapporto (TFR) può avvenire nel momento in cui viene maturato il diritto alla liquidazione. Ciò significa che il debitore non può entrare in possesso delle somme del TFR tramite l’espropriazione forzata se le somme non risultano ancora maturate.
Nell’ipotesi di un rapporto di lavoro attivo, il creditore può rivalersi sul quinto dello stipendio. Come riporta laleggepertutti.it, questo tipo di pignoramento può essere eseguito in diversi modi, tra cui:
- attraverso il conto corrente: in questo caso, può essere pignorata solo la parte eccedente il triplo del trattamento minimo. Le restanti somme bonificate dal datore di lavoro potranno essere oggetto di pignoramento entro il limite di un quinto della retribuzione;
- pignoramento diretto sulla retribuzione, ancora prima che questa raggiunga il conto corrente. In questo caso, la procedura di espropriazione forzata viene notificata immediatamente al datore di lavoro.
Quando il TFR è pignorabile?
Nel momento in cui il lavoratore si trova nella situazione di cessazione o conclusione del rapporto di lavoro, la procedura di pignoramento può coinvolgere il trattamento di fine rapporto (TFR). Questa situazione può verificarsi se il debito non è stato precedentemente regolarizzato e il datore di lavoro trasferire una parte della quota del TFR al creditore.
Nell’ipotesi in cui il rapporto sia cessato e il datore di lavoro detenga la disponibilità del TFR, il creditore può far valere il proprio diritto notificando direttamente a quest’ultimo l’atto di pignoramento.
Diversamente, se il trattamento di fine rapporto è stato già corrisposto al lavoratore, il creditore potrà pignorare solo il conto corrente, sperando di trovare la liquidità adeguata per compensare il debito.
Quanto è il massimo pignorabile del TFR?
Il limite massimo pignorabile del trattamento di fine rapporto (TFR) è di un quinto, seguendo le stesse regole previste per lo stipendio.
Il creditore, per legge, non può rivalersi sull’intero importo della liquidazione. Anche se il credito supera un quinto, il creditore non può fare diversamente.
Di conseguenza, il credito rimarrà insoddisfatto a tutti gli effetti di legge. In questo caso, il creditore può avviare altre procedure di espropriazione forzata su altri beni disponibili del debitore.
È importante considerare che il debitore che ha subito il pignoramento del TFR non può essere soggetto a un’altra procedura di esecuzione forzata. Tuttavia, questa condizione viene meno se la natura del credito è completamente diversa rispetto a quella precedente.
Le categorie di crediti possono essere suddivise in: crediti di natura fiscale, alimentare e di altra natura.
Ad esempio, nel caso in cui l’ex coniuge avvii una procedura di esecuzione forzata del trattamento di fine rapporto (TFR), il Fisco può procedere al pignoramento del secondo quinto, poiché le natura delle categorie è completamente diversa.
Al contrario, se l’istituto di credito procede al pignoramento di un quinto del trattamento di fine rapporto, un altro creditore, come avvocato o altra parte coinvolta nello spesso procedimento legale, quindi appartenente alla stessa categoria, non può avanzare un diritto sul TFR.