La notizia era attesa da tutti gli analisti, la Nato ha comunicato che rafforzerà il suo contingente nel nord del Kosovo dopo gli scontri dei giorni scorsi durante i quali sono rimasti feriti 30 militari della missione Kfor (11 italiani e 19 ungheresi) e 52 manifestanti di etnia serba.
Dopo gli scontri missione in Kosovo continua: è troppo strategica
Attraverso le parole del segretario della Nato il norvegese Jens Stoltenberg si comprende l’importanza della missione per l’alleanza atlantica, ribadendo come siano state avviate le procedure per l’invio di ulteriori 700 uomini in supporto ai 4 mila soldati del contingente Nato KFOR già presenti nel Kosovo del nord.
“Abbiamo deciso di schierare 700 soldati in più dalla forza di riserva operativa per i Balcani occidentali e di mettere un ulteriore battaglione di forze di riserva in massima allerta in modo che possano essere dispiegate se necessario”:
Prime tensioni già al mattino sempre nella cittadina di Zvecan
Nella zona nord del paese la tensione resta molto alta e già da questa mattina 31 maggio. Proprio nella cittadina di Zvecan alcune centinaia di persone di etnia serba si sono radunate per protestare contro i sindaci albanesi. I manifestanti hanno issato una enorme bandiera serba sul municipio della città e uno striscione di omaggio alla star del tennis mondiale Novak Djokovic, che lunedì ha definito il Kosovo il “cuore della Serbia”. Secondo quanto riferito la manifestazione è andata avanti per un po’ e si è conclusa senza disordini.
Pressione su Pristina, Borrel parla con il premier Kurti
Se dai territori del Kosovo del nord non arrivano notizie rassicuranti su possibili altri scontri tra cittadini e Nato. Lo stesso sembra valere dal campo diplomatico. Dalle dichiarazioni di vari politici infatti, si evince una crescente pressione da parte occidentale su Pristina, colpevole di non voler abbassare il livello di tensione con Belgrado. Non solo tirate d’orecchie però, da parte soprattutto degli Usa, più che altro preoccupati di un’eventuale reazione russa. Gli stessi americani hanno subito sospeso il Kosovo da un’esercitazione militare Nato in corso”. Molto duro e netto il parere del governo europeo che, attraverso le parole dell’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, dopo un incontro con Kurti a Bratislava ha indicato la strada da percorrere.
“La situazione attuale è pericolosa e insostenibile. Abbiamo bisogno di una de-escalation urgente e di una soluzione attraverso il dialogo per tornare al nostro lavoro sull’attuazione dell’accordo raggiunto”.
Per Pristina bisogna intensificare i negoziati
Il premier kosovaro Kurti ha ribadito a margine dell’incontro con Borrel l’impegno di Pristina nel raggiungere al più presto una tregua tra cittadini di orine serba e quelli di origine albanese, auspicando un ritorno alle elezioni quando finiranno gli scontri: “Stiamo lavorando duramente per trovare una via d’uscita. Abbiamo bisogno di un dialogo intensificato, non di incontri ad alto livello una volta ogni due mesi”. il premier Kurti parlando degli incontri ha voluto sottolineare come l’accordo sia raggiungibile solo se le due parti sono disposte a venirsi incontro, riferendosi alla ripresa dei colloqui con il presidente serbo Aleksandar Vucic. Incontri non sempre mediati ad opera d’arte dall’Unione europea, impegnata a normalizzare i legami tra i due paesi all’inizio di maggio a Bruxelles.
Dall’altro lato c’è poi la Serbia, paese molto lontano dalle politiche dell’Unione Europea e vicina invece da sempre a Mosca. Infatti non si è fatta attendere la presa di posizione da parte della Russia, tradizionale alleato di Belgrado. Il governo russo attraverso il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha chiesto il rispetto dei diritti dei serbi del Kosovo: “Crediamo che tutti i diritti e gli interessi legittimi dei serbi del Kosovo debbano essere rispettati”.