Sono quattro gli haters di Alessandra Matteuzzi che finiranno a processo per aver insultato sui social la donna, offendendone la memoria. La prima udienza è stata fissata per il 25 gennaio del prossimo anno. Gli imputati dovranno rispondere all’accusa di diffamazione aggravata per aver rivolto parole anche molto pesanti alla vittima, commentando la notizia della sua morte. A denunciarli erano stati i familiari, assistiti dagli avvocati Chiara Rinaldi e Antonio Petroncini. Per l’omicidio è invece imputato l’ex compagno della donna, il 27enne Giovanni Padovani, nei confronti del quale a giugno si terrà la perizia psichiatrica.
A processo i primi quattro haters di Alessandra Matteuzzi
Comunque anche lei come andava conciata, ovvio che il ragazzo era geloso.
Sono di questo tenore i messaggi che i quattro haters rinviati a giudizio nelle scorse ore avrebbero rivolto sui social ad Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa a martellate dall’ex compagno ad Arcoveggio di Bologna lo scorso agosto. Insulti che ne avrebbero offeso la memoria, spingendo i suoi familiari a presentare una denuncia per diffamazione aggravata.
Si tratterebbe solo di alcuni degli uomini in via di identificazione da parte della Polizia Postale. Presto, quindi, gli imputati potrebbero diventare anche di più. Tra loro c’è, per ora, Donatello Alberti, all’epoca direttore della Croce Bianca di Ferrara che, dopo aver scritto il messaggio citato, fu sospeso dal suo incarico. Come lui, in tanti avrebbero “giustificato” online il gesto dell’uomo finito in carcere per l’omicidio, puntando il dito contro la donna e giudicandola, benché fosse la vittima. Il processo nei loro confonti si aprirà il 25 gennaio 2024.
Il processo a carico di Giovanni Padovani
Prosegue, intanto, il dibattimento a carico di Giovanni Padovani, l’ex calciatore di 27 anni reo confesso dell’omicidio. L’uomo ha più volte sostenuto di aver aggredito l’ex compagna perché colto da “furia cieca”, a causa della gelosia ossessiva che provava nei suoi confronti, non riuscendo ad accettare la fine della loro relazione. Da qualche mese era soggetto a una procedura restrittiva per stalking. Il giorno del delitto, quindi, non avrebbe potuto neanche avvicinarla. Invece l’aveva aspettata fuori casa e, mentre lei era al telefono con la sorella – che avrebbe poi testimoniato contro di lui -, aveva iniziato a colpirla con un martello che, a suo dire, avrebbe portato con sé solo per difesa.
In pratica, stando alla sua testimonianza, sarebbe stato colto da un raptus. Secondo il legale che lo sostiene, l’avvocato Gabriele Bordoni, al momento dei fatti non sarebbe stato in grado di intendere e di volere. Questo perché sarebbe affetto da una forma di schizofrenia psicotica. Una versione dei fatti che l’accusa ha sempre respinto, sostenendo che il delitto fosse premeditato, come dimostrerebbero anche alcune ricerche effettuate online dall’imputato nei giorni precedenti. Per accertarlo sarà condotta nei suoi confronti una perizia psichiatrica. Che servirà a chiarire anche se l’uomo sia in grado o meno di affrontare il processo.
Da quando è in carcere, avrebbe infatti tentato più volte di togliersi la vita. L’ultima qualche giorno fa, quando avrebbe ingerito una bottiglia di detersivo. Ogni giorno deve fare i conti con quello che ha fatto e, dalla struttura penitenziaria in cui è detenuto, ha fatto sapere più volte di pensare ancora, continuamente, alla vittima.
Riferisco di essere cosciente che il mio gesto è stato gravissimo e che ne devo pagare le conseguenze. Ma vi chiedo anche di aiutarmi a liberarmi dall’ossessione per Alessandra che tutt’ora mi assale,
aveva detto ai pm. L’accusa a cui deve rispondere è di omicidio pluriaggravato da futili motivi, relazione affettiva, stalking e premeditazione. Per ora ha sempre negato di essere un “persecutore”, parlando di una “relazione tossica” da entrambe le parti.