Nuovi sviluppi nell’intricato caso della morte di Giulio Regeni: gli atti del processo finiranno sul tavolo della Consulta. Lo ha deciso il giudice dell’udienza preliminare di Roma, accogliendo la richiesta proveniente dalla Procura.
La speranza è che questa mossa possa rivelarsi decisiva nello smuovere il procedimento: per questo il giudice ha deciso di affidarsi al parere della Corte Costituzionale. Sotto la lente d’ingrandimento la questione relativa all’assenza dall’aula degli imputati, i quattro 007 egiziani.
Nel frattempo a Piazzale Clodio, sede del Tribunale di Roma, si sono radunati diversi volti noti per partecipare ad un sit-in con la famiglia Regeni. Tra gli altri, c’erano anche l’ex presidente della Camera Roberto Fico e il comico Pif.
Processo Regeni, gli atti saranno valutati dalla Consulta. L’avvocato: “Una giornata importante”
I quattro 007 a giudizio sono accusati della morte del dottorando italiano dell’Università di Cambridge, rapito a Il Cairo nel gennaio del 2016 e poi torturato e ucciso. Imputati il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif: sono accusati, a vario titolo, di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato.
I quattro agenti non si erano presentati in aula per l’udienza dell’aprile scorso a causa della contrapposizione delle autorità egiziane. Per questo motivo la Corte Costituzionale è chiamata a lavorare alla fase di stallo.
Al sit-in era presente anche l’avvocata Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, che ha parlato di “una giornata importante nella quale si decideranno le sorti di questo processo“.
Tutta la gente che è qui sta a dimostrare che non è una storia di famiglia ma è una storia che riguarda la dignità di questo Paese e la sicurezza di tutti i cittadini nel mondo.
Caso Regeni, la cronistoria del procedimento
La procura di Roma aveva chiesto l’invio degli atti alla Corte Costituzionale già nella scorsa udienza, datata 3 aprile. L’obiettivo finale è ottenere la possibilità che i quattro 007 egiziani compaiano in tribunale.
Il procuratore capo, Francesco Lo Voi, aveva sollevato in aula la questione di costituzionalità legata all’articolo 420 bis del codice di procedura penale: nel mirino la possibilità che la mancata cooperazione di uno Stato estero abbia favorito l’assenza di conoscenza del processo da parte degli imputati.
Giulio fu rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo cadavere venne ritrovato dieci giorni dopo. Inizialmente, dopo il rinvenimento del corpo, erano state fatte diverse ipotesi, poi rivelatesi false. Si era parlato di un incidente stradale, di una rapina finita male e addirittura di un suo presunto coinvolgimento in festini a base di droga. Un mese dopo la morte di Giulio, testimoni assicurarono di averlo visto litigare a morte con un vicino.
Ricostruzioni poco credibili, che culminarono con l’accusa di un suo presunto coinvolgimento in una banda criminale. I documenti di Giulio furono trovati in casa di un malvivente ucciso durante una sparatoria, che vide coinvolti ufficiali della National Security egiziana, alla periferia del Cairo. Tutte piste smentite dalle verifiche di piazzale Clodio: resta in piedi l’ipotesi che il ricercatore sia stato torturato e ucciso. Decisiva sarebbe stata la falsa testimonianza del sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, che lo avrebbe segnalato come spia ai servizi egiziani.