Contratti a termine 2023: il Decreto lavoro è intervenuto sulla disciplina dei cosiddetti contratti a tempo determinato. In particolar modo, il decreto è intervenuto sulle causali, introducendone di nuove e abrogando quelle precedenti. Perché? Le nuove causali dovrebbero andare a legittimare il lavoro a termine oltre i 12 mesi, in maniera più flessibile e meno stringente per i datori di lavoro.

Spieghiamo come cambiano i contratti a termine, alla luce delle novità introdotte dal Decreto Lavoro.

Contratti a termine 2023, il Decreto Lavoro ha introdotto nuove causali

Il Decreto Lavoro, approvato il 1° maggio scorso, ha introdotto interessanti novità sui contratti a termine. Le nuove disposizioni puntano a rendere più flessibile l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, andando ad allentare le limitazioni che aveva imposto il Decreto Dignità.
Cosa è stato modificato? Hanno subito modifiche le causali da indicare nei contratti di durata tra i 12 e i 24 mesi. Le restrizioni vengono allentate, tramite l’introduzione di nuove causali che hanno sostituto le precedenti. Pertanto, i contratti potranno avere una durata superiore a 12 mesi, ma inferiore a due anni:

  • In assenza di disciplina da parte dei contratti collettivi, nei casi disciplinati dalla contrattazione aziendale;
  • Entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuata dalle parti;
  • Per la sostituzione di altri lavoratori.

Le nuove causali devono essere apposte al contratto a termine anche in caso di rinnovo, al di là del superamento dei 12 mesi di durata. Le nuove causali non si applicano in tutti i casi. Quali sono le esclusioni? Le causali non si applicano:

  • Ai contratti stipulati dalle PA;
  • Ai contratti stipulati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
  • Ai contratti stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione.

Più flessibilità ai datori di lavoro

Le nuove formulazioni hanno l’obiettivo di consentire maggiore flessibilità di utilizzo dei contratti a termine rispetto alle precedenti causali. Naturalmente, sempre nel rispetto della normativa ed evitando abusi di qualsiasi tipo.

Le nuove causali sono molto meno stringenti rispetto al passato, ovvero da quelle previste in precedenza dal Decreto Dignità del 2018. Decreto che prevedeva una durata dei contratti per un massimo di 12 mesi, con la possibilità di rinnovarli solo tramite l’apposizione di causali eccezionali.
Il vantaggio è tutto per i datori di lavoro, in quanto la revisione in materia di contrattazione a tempo determinato gli consente di utilizzare questa formula molto più agevolmente, avendo la possibilità di prorogare le assunzioni con causali meno limitative.

Come funziona il sistema sanzionatorio? Se il Decreto Lavoro ha apportato modifiche significative ai contratti a termine, lo stesso non può dirsi in altri ambiti. Non è stato toccato il sistema sanzionatorio previsto dall’articolo 19, comma 1-bis, D.Lgs. numero 81/2015.

Proroghe e rinnovi

Le causali devono essere utilizzate anche per le proroghe e per i rinnovi. Ci sono, ovviamente, alcune eccezioni: i contratti stipulati per le attività di lavoro stagionale.

Nell’arco di 24 mesi, sono ammesse massimo quattro proroghe. Qualora il numero sia eccedente, allora il contratto si trasforma automaticamente a tempo indeterminato. Al contrario, per quanto riguarda i rinnovi, si effettuano nella riassunzione dello stesso lavoratore, ma solo quando tra le fine del contratto precedente e l’inizio del nuovo ci sia un intervallo di 20 giorni, se il contratto scaduto aveva una durata superiore a sei mesi e di 10 giorni, per i contratti di durata pari o inferiore a sei mesi.

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