Sfruttamento sul lavoro: questo è il tema centrale per cui si dibatte da ormai tanti anni. A più di novant’anni dall’adozione della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), schiavitù e sfruttamento lavorativo continuano a rappresentare una piaga del mondo del lavoro e ad essere motivo di preoccupazione per i responsabili delle politiche.
L’ultima ricerca, frutto del progetto “Supporto al rafforzamento della governance inter-istituzionale sullo sfruttamento lavorativo in Italia” che è co-finanziato dall’Unione Europea attraverso il Servizio di Supporto alle Riforme Istituzionali e attuato dall’Ufficio per l’Italia e San Marino dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, mostra come il fenomeno dello sfruttamento sul lavoro è in costante aumento.
Adottare politiche contro lo sfruttamento sul lavoro
La crescente liberalizzazione del commercio, la concorrenza a livello globale, le migrazioni internazionali, le sfide nella governance del mercato del lavoro a livello nazionale, la discriminazione e l’esclusione sociale, sono solo alcuni dei fattori che determinano le varie forme di sfruttamento lavorativo.
Per prevenire e contrastare lo sfruttamento sul lavoro, molti paesi europei e mondiali hanno adottato politiche e strategie che mirano ad applicare le disposizioni previste dagli strumenti giuridici internazionali relativi allo sfruttamento lavorativo, al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani. La persistenza delle violazioni e la portata del fenomeno tuttavia, mettono in evidenza delle lacune importanti che ostacolano il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile per l’eliminazione del lavoro forzato, della tratta di esseri umani e del
lavoro minorile.
Le stime dell’OIL
La ricerca sottolinea che esistono diverse tipologie di sfruttamento lavorativo alle quali gli esseri umani possono essere assoggettati. Queste includono le violazioni dei principi e dei diritti del lavoro, soprattutto quelli fondamentali, la tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento lavorativo all’interno di un paese e oltrefrontiera, il lavoro forzato e il lavoro minorile. Spesso i confini tra queste diverse forme di sfruttamento sono difficili da definire, a causa delle molteplici tipologie di abusi e violazioni alle quali i lavoratori possono essere
sottoposti e che mettono a repentaglio la loro libertà e dignità. Le stime globali dell’OIL evidenziano che nel 2016 erano circa 40 milioni le persone vittime di schiavitù moderna. Tra queste, quasi 25 milioni di persone erano vittime di lavoro forzato (di cui 16 milioni nell’economia privata) e 15 milioni di individui erano per giunta in matrimonio forzato. La percentuale maggiore di lavoratori in lavoro forzato si registra nel settore del lavoro domestico (24%), seguito dall’edilizia (18%), dal settore manifatturiero (15%) e dall’agricoltura e pesca (11%). Secondo le stime dell’OIL, il lavoro forzato nell’economia privata genera 150 miliardi di dollari di profitti illeciti ogni anno. Circa due terzi di questi proventi (99 miliardi di dollari) costituiscono profitti illeciti provenienti dallo sfruttamento sessuale, mentre altri 51 miliardi di dollari derivano dallo sfruttamento economico forzato.
Lo sfruttamento sessuale in rapida crescita
Nei paesi dell’Unione europea (UE), la forma più frequente di sfruttamento lavorativo delle vittime di tratta è lo sfruttamento sessuale, anche se la percentuale della tratta ai fini di lavoro forzato è in aumento e rappresenta circa il 26% del totale. La maggior parte
delle vittime di tratta ai fini di sfruttamento lavorativo (61%) si trova nel Regno Unito. Per quanto riguarda le vittime di tratta ai fini di lavoro forzato nei paesi UE, otto su dieci sono uomini e cittadini di questi paesi, soprattutto provenienti dalla Bulgaria, Polonia, Romania e
Ungheria. Al di fuori del territorio dell’UE, l’Africa sub-sahariana rimane la regione con la più alta incidenza di vittime di tratta (Nigeria ed Eritrea seguite da Albania, Vietnam e Cina). Per quanto riguarda i settori economici, quelli nei quali si registrano i casi maggiori di
sfruttamento lavorativo sono l’edilizia, l’agricoltura e la silvicoltura, l’industria manifatturiera, la ristorazione, i servizi di cura e di lavoro domestico, l’intrattenimento, la pesca, l’ospitalità, la vendita al dettaglio e i trasporti. Le stime dell’Indice globale della schiavitù (Global Slavery Index) riportano che nel 2018 le persone vittime di schiavitù moderna nei paesi dell’UE erano circa 1,3 milioni.
Paesi come Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito raccolgono oltre il 63% del totale dei casi stimati di schiavitù moderna.
Federico Luciani