Ha fatto il giro del web, negli scorsi giorni, il video della donna trans presa a manganellate da alcuni agenti della polizia locale di Milano. Stando alle ultime notizie, i quattro sarebbero stati ora denunciati per tortura aggravata. A farlo sapere è stato il legale che difende la vittima, che ha specificato che, al momento del ricovero in ospedale, la donna sarebbe stata trovata “in condizioni pietose” per via delle lesioni riportate nel corso dell’aggressione. Aggressione su cui sta indagando la Procura, dopo l’apertura di un fascicolo d’inchiesta per lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione.

Donna trans presa a manganellate a Milano, denunciati i responsabili

Denuncerò quanto mi è accaduto, ho paura perché sono sola e qualcuno può venire a cercarmi. Ma parlarne mi ha dato la forza di farlo perché è giusto e serve giustizia,

aveva dichiarato qualche giorno fa alla stampa Bruna, la donna transessuale aggredita a Milano da quattro agenti della polizia locale. Si tratta di una 42enne originaria del Brasile, che vive in Italia da 29 anni. In tanti, a Milano, la conoscono perché vive per strada, frequentando quasi sempre gli stessi quartieri. A volte esagera con l’alcol ma, dicono i residenti, non ha mai fatto male a nessuno. Era stata fermata, qualche giorno fa, perché, stando al racconto dei vigili che l’hanno presa a manganellate, avrebbe disturbato i bambini di un istituto scolastico della città, di fronte al Parco Trotter, urlando di avere l’Aids mentre era seminuda (dettaglio poi smentito). Poi, una volta fatta salire sull’auto di ordinanza degli agenti, avrebbe rotto un vetro, provando a scappare.

Questo il motivo per cui loro avrebbero reagito in modo violento, usando contro di lei anche dello spray al peperoncino. Un trattamento che ha sollevato non poche polemiche. E che ora è costato ai quattro responsabili una denuncia per tortura aggravata dalla discriminazione, lesioni aggravate dall’abuso di potere e minacce aggravate. A farlo sapere è stato il legale che difende la vittima, l’avvocata Debora Piazza. Secondo lei, Bruna sarebbe stata chiusa per almeno venti minuti all’interno di un’auto ammanettata, mentre le venivano rivolti insulti come “fr*** di merda” e “trans basta***” e minacce come “ti ammazziamo”. Una volta accompagnata in ospedale, dopo l’aggressione, le sue condizioni sarebbero apparse “pietose”. Avrebbe riportato diversi lividi e una lesione alla testa “compatibile con una manganellata”.

Il momento dell’attacco era stato ripreso da alcuni passanti con un telefonino e postato su Internet. Nei giorni successivi, rintracciata dai cronisti, la donna aveva dichiarato di non sentirsi al sicuro e di voler denunciare i responsabili dell’accaduto, come ora ha fatto. La querela – a cui è stato allegato il referto dei medici – confluirà nel fascicolo d’inchiesta aperto dalla Procura per fare luce sul comportamento dei quattro. Il reato ipotizzato era quello di lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione.

Le reazioni sul web

Al di là dei semplici utenti, a puntare il dito contro i quattro sono stati anche vari esponenti politici, tra cui la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi, che ha particolarmente a cuore, dopo l’omicidio del fratello Stefano, il tema dell’uso e abuso del potere da parte delle forze dell’ordine. In tanti ritengono che Bruna sia stata vittima del brutale pestaggio anche perché transessuale. Tra coloro che l’hanno evidenziato c’è Nina Zilli, che più volte, negli scorsi giorni, è tornata sulla questione su Twitter, sostenendo che

questa violenza da branco nei confronti di chi non si ribella è inaccettabile se poi proviene da chi dovrebbe proteggerci.

Di qualunque presunto reato si fosse macchiata la donna, mai avrebbe dovuto essere trattata in un modo del genere. Era innocua, non avrebbe potuto fare del male a nessuno ed era sola. Loro, invece, erano in quattro. Ed erano armati.