In Turchia si vota domani per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Da una parte il presidente uscente, Recep Tayyip Erdogan, dall’altra lo sfidante Kemal Kilicdaroglu. Il vincitore governerà il paese per i prossimi 5 anni e ci si aspetta una grande partecipazione popolare come dimostrato, con un bel 88% di affluenza, già al primo turno. Turno che ha fornito il seguente esito: 49.5% Erdogan, 45% la coalizione di sei partiti a sostegno di Kilicdaroglu. L’esito delle urne ha tratteggiato il quadro di una Turchia polarizzata.
Per chi voteranno gli altri candidati ed il ruolo degli indecisi
A rendere necessario il secondo turno il 5.17% dei voti, pari a 2.8 milioni di preferenze, ottenuti dal terzo incomodo: l’ultranazionalista di estrema destra Sinan Ogan. Il quale ha fatto esplicito endorsment ad Erdogan. Questo, seppure metta il Presidente uscente in una situazione di leggero vantaggio, non chiude la partita. Il gap è ancora colmabile. Anche perché è probabile che molti degli elettori di Ogan non si recheranno alle urne per protesta in quanto non vedono realizzabili le loro aspirazioni estreme sui migranti – paradossale in una partita che è giocata anzitutto su questo topic – ma anche perché le fluttuazioni elettorali post primo turno si muovono anche verso Kilicdaroglu che ha incassato l’endorsment di Umit Ozdag – che è stato già indicato quale Ministro dell’Interno in caso di vittoria – che potrebbe, potenzialmente, portare 1.2 milioni di voti. In termini numerici, quindi, poco è cambiato rispetto al primo turno: Erdogan conserva lo scarto iniziale e solo gli indecisi potrebbero ribaltare la situazione a favore dell’opposizione. Sta proprio lì, in quella fascia di indecisi e non votanti al primo turno, che si nasconde il bottino di voti capace di decidere la sfida in un senso o nell’altro.
Il nazionalismo al centro
Nel frattempo, abbiamo già un vincitore delle elezioni in Turchia: il nazionalismo. È risultato questo l’argomento maggiormente in grado di scaldare i toni ed appassionare l’opinione pubblica che è, tradizionalmente, nazionalista. Le politiche migratorie, specie quelle volte ad espellere i non turchi, sono attese e desiderate come dimostrato dai tantissimi striscioni, in giro per il paese, che con la scritta: “Via i persiani dalla Turchia”. Entrambi i candidati hanno colto il segnale e si sono mossi per intercettare questo sentiment. Kilicdaroglu lo ha fatto in maniera più smaccata ricalibrando la sua comunicazione in maniera più dura, non è un caso che il candidato d’opposizione ha effettuato un vero e proprio restyling del suo staff, proprio per effettuare questo cambio di strategia. Lo ha fatto al fianco di Ekrem Imamoglu, influente e popolare Sindaco di Istanbul, ufficialmente candidato alla Vicepresidenza. Kilicdaroglu sta promettendo pugno duro sui migranti e l’immediata espulsione dal paese dei siriani rifugiatisi in Turchia per scappare alla guerra. Erdogan non è da meno ed il patto siglato con Ogan – da capire se verrà seguito dagli elettori – è un chiaro segnale dell’imprinting nazionalista che intenderà dare alla sua politica presidenziale.
Il Parlamento che verrà ed il rischio di coabitazione
Indipendentemente da chi vincerà il ballottaggio la maggioranza parlamentare sarà di Erdogan che con il suo Akp, pur perdendo consenso rispetto al passato, si è assicurato la maggioranza dei seggi dell’assise (267 su 600) in virtù del 35,58% ottenuto. Qualora dovesse vincere Kilicdaroglu, quindi, si andrebbe a creare una complessa situazione di coabitazione. D’altra parte, l’alleanza di sei partiti guidata da Kemal Kilicdaroglu ha sfidato Erdogan ed è confermata come secondo partito e principale forza di opposizione, ottenendo il 25,3% dei voti e 169 seggi parlamentari. Gli alleati nazionalisti di Iyi hanno conseguito il 9,7% dei consensi e conquistato 44 seggi, completando così la composizione dei 213 parlamentari dell’opposizione.