Contestati e contestatori, come guelfi e ghibellini. Vincitori e vinti nel tumultuoso dibattito che talvolta smette di focalizzarsi sui temi e finisce per concentrarsi e stigmatizzare i modi anziché riflettere sul messaggio.

Contestazione alla ministra Roccella

Torino, 20 maggio scorso. Al Salone del libro la ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella è sul palco per presentare il suo libro, “Una famiglia radicale”. Il suo intervento però è interrotto da attivisti di Extinction Rebellion, Fridays for Future e Nonunadimeno, che contestano la ministra per le sue posizioni in tema di aborto e natalità. “Non voglio che nessuno sia portato via con la forza” chiederà la ministra, ricordando come anche lei nella sua militanza giovanile era stata portata via di peso dalle forze dell’ordine. Modi quindi piuttosto che messaggio. Il tema è il diritto all’aborto, ma non solo: nella protesta di Torino si mescolano anche l’emergenza climatica e il femminismo, come risposta alle parole molto forti sul tema da parte del governo e della Roccella stessa. Solo parole, per ora. Come quelle che la stessa esponente del governo Meloni ha per i suoi contestatori: La sinistra non rispetta chi non la pensa come loro“.

La replica degli attivisti: “Intimiditi e portati via di forza”

I collettivi che hanno partecipato alla contestazione nei confronti della ministra Roccella, rifiutando diversi inviti in trasmissioni televisive, tengono però a raccontare la loro versione di quanto accaduto:

Una protesta pacifica pensata per denunciare da un lato le posizioni della ministra Roccella, che ha più volte dichiarato che “l’aborto è una scorciatoia che non dovrebbe più esserci”; dall’altro il governo nazionale e regionale, che a fronte di una crisi climatica ormai conclamata, continua a osteggiare qualsiasi misura volta a ridurre le emissioni e a inquinare irresponsabilmente il dibattito pubblico con affermazioni dichiaratamente negazioniste. (…) Per capire quello che è successo sabato al Salone del Libro di Torino occorre però conoscere i fatti, guardare tutti i video dalla giornata, ascoltare e dare spazio al racconto di chi quella protesta l’ha messa in pratica. Il racconto che emerge, testimoniato dai video in circolazione, è di semplici persone che, usando i propri corpi e le proprie voci, si sono alzate per cantare dei cori e pronunciare parole di dissenso, in una protesta pacifica che mai ha sfociato nella violenza. Cori ai quali si è via via unita in solidarietà una folla variegata, che ha animato, rinvigorito e trasformato la protesta, mostrando come le posizioni di Roccella e Marrone sull’autodeterminazione delle donne abbiano suscitato sdegno anche tra i visitatori del Salone. Ma il racconto che emerge oggi dalle attiviste, parla anche di un pesante clima di intimidazione, di minacce da parte delle forze dell’ordine, di persone strattonate e trascinate via con la forza, di telefoni sequestrati e zaini perquisiti in maniera illegittima e senza mandato. Nei video che si vedono sul web, infatti, nonostante le persone presenti non abbiano mai opposto resistenza attiva, vengono afferrate in malo modo dalla polizia e trascinate via di peso.

Focus sul metodo (e non sul messaggio)

Tutto però è passato in secondo piano. Così come rischiano di passare in secondo piano le narrazioni delle attiviste dopo la loro rimozione coatta da parte della polizia e le minacciate denunce da parte della Questura torinese per violenza privata. Le giovani e giovanissime manifestanti denunciano anche loro: intimidazioni, minacce da parte delle forze dell’ordine, di persone strattonate e trascinate via con la forza, di telefoni sequestrati con l’intento di cancellare video e foto, zaini perquisiti in maniera illegittima e senza mandato. Un nuovo caso di distrazione di massa, in cui si guarda il dito e non la luna, si criticano i manifestanti senza però tenere in considerazione che la ministra Roccella, esponente di posizioni molto conservatrici sul tema dell’aborto, rischia di inasprire e stringere ancora di più il cerchio intorno ai medici che non sono obiettori e praticano l’interruzione di gravidanza. Uno degli slogan della contestazione alla Roccella al salone del Libro era “Aprite gli occhi”. Un invito, non solo al dialogo, ma anche alla consapevolezza.