Compie 100 anni Henry Kissinger, l’uomo che per oltre mezzo secolo ha guidato – in primo piano e nell’ombra – la politica estera degli Stati Uniti. Diventato famoso in tutto il mondo per i metodi spesso ritenuti “spregiudicati”, con le sue dichiarazioni pubbliche ha sollevato, nel tempo, non poche polemiche. Come quando, nel 1972, rilasciò una storica intervista alla giornalista Oriana Fallaci, soffermandosi sulla guerra, sul Vietnam e sul potere.
Kissinger compie 100 anni: una storia lunga un secolo
Nato a Furth, in Germania, da una famiglia piccolo-borghese di origini ebraiche, Henry Kissinger, all’anagrafe “Heinz”, si trasferì a Londra e poi negli Stati Uniti ancora giovane, nel 1938. Era stato costretto a lasciare il suo Paese d’origine a causa delle persecuzioni antisemite dei nazisti; le stesse, che nel corso della Seconda Guerra Mondiale, portarono alla morte di almeno quattordici dei suoi parenti, molti dei quali periti all’interno dei campi di concentramento. Fu una fuga obbligata, in sostanza, a portarlo in America. Dove, passo dopo passo, avrebbe poi costruito il suo futuro. Ottenuta la cittadinanza statunitense, si arruolò nell’esercito per combattere i tedeschi, lavorando come traduttore per un organismo di spionaggio.
Ebbe poi dei ruoli di responsabilità. Al termine della guerra, si iscrisse ad Harvard. Aveva 24 anni. Dall’università iniziò il suo percorso politico: prima solo accademicamente, poi anche in prima persona. Successe a partire dagli anni Cinquanta, grazie ad un incontro fortunato: quello con il miliardario Nelson Rockfeller, storico collaboratore del presidente Eisenhower. Per quest’ultimo iniziò a lavorare come consulente di politica estera; ruolo che mantenne anche sotto Kennedy e Johnson. Durante i mandati di Nixon e Ford, tra il 1969 e il 1977, fu Consigliere per la sicurezza nazionale e Segretario di Stato degli Stati Uniti. Nel 1973, dopo aver preso parte alle negoziazioni per un cessate il fuoco con il Vietnam (poi fallite) ottenne il Premio Nobel per la pace.
Un riconoscimento discusso da molti per il ruolo attivo mostrato da Kissinger nel golpe di Stato messo in atto dal generale Pinochet in Cile nello stesso anno. Anche dopo essere uscito ufficialmente di scena, continuò, comunque, ad avere una certa influenza. E, nell’ombra, non mancò di dire la sua sulle successive scelte politiche.
La presunta ingerenza nel caso Moro
Per tempo è stato sospettato di aver avuto un ruolo anche nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Furono alcuni collaboratori della vittima a metterlo in luce, dicendo che, nel corso di una visita a Washington, poco prima del sequestro, Moro aveva avuto un duro scontro con Kissinger. Quest’ultimo, infatti, mal sopportava l’eventuale entrata del PCI nel governo italiano (erano i tempi del “compromesso storico”) e ne aveva evidenziato la “pericolosità”.
La discussa intervista di Oriana Fallaci
Nel 1972 sollevò non poche polemiche l’intervista rilasciata dall’uomo ad Oriana Fallaci. Si parlò della guerra e del potere e Kissinger, incalzato dalla giornalista, ammise l’inutilità dei combattimenti in Vietnam, scatenando l’ira del presidente Nixon, che minacciò addirittura di licenziarlo. Forse perché, dalle sue parole, era emerso ciò che in tanti avevano capito, senza ammetterlo: la sua forza, la sua importanza politica.
Potevi considerarlo il secondo uomo più potente d’America. Sebbene alcuni sostenessero che era molto più, come dimostrava la battuta che al tempo della mia intervista circolava a Washington: ‘Pensa cosa succederebbe se morisse Kissinger. Richard Nixon diventerebbe presidente degli Stati Uniti…’,
scriveva la Fallaci. Fu una delle poche interviste pubbliche rilasciate da Kissinger, che fece sapere, poi, di essersene pentito. Fu, al contempo, uno dei suoi ritratti più veri: ne emersero tutte le contraddizioni di un uomo che, per oltre mezzo secolo, è stato tra i grandi protagonisti della storia. Di recente, alla vigilia dei suoi 100 anni, ha messo in guardia i Paesi occidentali sul richio di una guerra tecnologica. Sottolineando la sua preoccupazione per gli sviluppi dell’intelligenza artificiale, vista al tempo stesso come una scoperta eccezionale e un pericoloso nemico.