Noto per essere stato condannato in via definitiva come uno degli esecutori materiali della strage alla Stazione di Bologna del 1980, Luigi Ciavardini è tornato sotto i riflettori dopo un servizio realizzato dalla trasmissione Report, andato in onda lo scorso 8 maggio. L’inchiesta, firmata dal giornalista Giorgio Mottola, dal titolo “Ombre grigie”, aveva messo in luce il ruolo dell’uomo – che ha ottenuto la semilibertà nel 2009 – all’interno di alcune cooperative molto attive in ambito carcerario. E aveva mostrato la sua vicinanza a Chiara Colosimo, eletta da pochi giorni presidente della Commissione Antimafia, sollevando le polemiche.
Luigi Ciavardini a Report: perché è tornato sotto i riflettori
Il servizio realizzato da Mottola per Report si concentrava sul lavoro dell’Associazione “Gruppo Idee”, fondata nei primi anni del Duemila proprio da Luigi Ciavardini, con l’intento di agevolare il recupero e il reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti. Uno scopo illustre, se non fosse che, come appurato dai giornalisti, l’associazione – che farebbe da fulcro a una serie di cooperative attive in ambito carcerario, soprattutto a Roma -, avrebbe nel tempo sostenuto condannati per mafia ed ex terroristi, anticipandone l’uscita dal carcere. È il caso, ad esempio, di Gilberto Cavallini, detto il “Negro”, ex terrorista dei Nar (Nuclei Rivoluzionari Armati), riconosciuto tra gli esecutori materiali dell’attentato alla Stazione di Bologna nel 1980, uscito dal carcere nel 2017 – in condizione di semilibertà – per motivi lavorativi.
Era impiegato in una cooperativa che ha sede presso l’Associazione di Ciavardini, a Terni. Un caso? Secondo Report no. Anche perché sarebbe solo uno dei tanti. Del resto anche Ciavardini aveva fatto parte dei Nar e nel 2009, dopo essere stato condannato in via definitiva tra gli esecutori della strage di Bologna (solo uno dei tanti reati commessi), come Cavallini ottenne la semilibertà, uscendo dal carcere. Ad aiutarlo era stato l’attuale sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro, presidente dell’Associazione Sportiva Italiana (Asi), presso cui l’ex Nar lavorava come archivista e centralinista. Insomma, l’ipotesi è che questi presunti lavori siano serviti da “copertura”, per facilitare persone incriminate per reati gravissimi ad ottenere la liberazione.
La presunta vicinanza a Chiara Colosimo, neopresidente della Commissione Antimafia
Non è tutto. Nel tempo l’Associazione sarebbe stata sostenuta da diversi esponenti della politica. Tra loro ci sarebbe anche la deputata di Fratelli d’Italia – vicinissima a Giorgia Meloni – Chiara Colosimo, che avrebbe sostenuto l’elezione a vice-garante dei detenuti per la Regione Lazio di Manuel Cartella, storico dirigente di “Gruppo Idee” al fianco del figlio e della moglie di Ciavardini. Nel servizio andato in onda l’8 maggio, Report aveva anche mostrato una foto che ritraeva la deputata e l’ex Nar insieme, anche se non menzionava i rapporti intercorsi tra i due.
Anche per questo, negli scorsi giorni, dopo l’elezione di Colosimo a presidente della Commissione Antimafia, il nome di Ciavardini era tornato alla ribalta, scatenando l’ira di molti.
È accettabile che si scelga, per un ruolo importante come la presidenza di una commissione parlamentare bicamerale, una persona che non si vergogna di avere rapporti con uno stragista che mai si è pentito? E, ancora, solo a noi appare evidente il gigantesco conflitto di interessi della probabile futura presidente?,
avevano messo in luce, in una lettera indirizzata al Fatto Quotidiano, i familiari delle vittime della strage di Bologna, facendo riferimento proprio alla vicinanza dei due. Lei ha sempre rigettato le accuse che le sono state mosse, dichiarando di conoscere l’ex terrorista “esattamente come lo conoscono moltissimi altri”, proprio per via dell’associazione di cui si occupa. Una versione dei fatti che in tanti non hanno dimostrato di accettare. È il motivo per cui la sua elezione ha sollevato un vero e proprio polverone.