Nell’era digitale sono decine gli strumenti tra cui scegliere. La cassetta degli attrezzi del comunicatore abbonda e si ha l’imbarazzo della scelta tanto da poter, in base allo stile e al tipo di messaggio che si intende veicolare, scegliere la piattaforma che si reputa più congeniale. Nell’era della mediatizzazione non sono più – solo – i media ad usare la politica ma – anche – la politica ad usare i media. È sufficiente entrare su un social ed ecco che un politico può disintermediare, quindi bypassare il più tradizionale filtro giornalistico, per dire qualche cosa al pubblico. Siamo già oltre la mediatizzazione: è una self-mediatizzazione che permette ai politici di “farsi media” come meglio credono. Nella notte italiana ne abbiamo avuto un esempio concreto: Ron DeSantis, dopo settimane di segnali ufficiosi, ha fornito quello ufficiale ed è candidato alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2024. Ha scelto Twitter per questo annuncio. Dovrà battere la concorrenza tra gli altri, di Donald Trump. Il quale, posto all’uscio dell’universo digital, ha commentato il tutto dalla sua piattaforma personale (truth) in una piega ancor più netta della self-mediatizzazione. L’ex Presidente, in questo caso, non solo si fa media. Ma è il media.
DeSantis annuncia la candidatura su Twitter ma è un mezzo flop
Ovviamente bisogna accettare le regole del gioco, anche quelle legate all’imprevedibilità. In questo caso a tradire Ron DeSantis è stato un sovraccarico di Twitter dove, in una diretta organizzata con Elon Musk, ha fatto il suo annuncio. La live è iniziata con circa 20 minuti di ritardo ed è stata caratterizzata da evidenti problematiche di connessione che hanno intaccato la qualità del contenuto. Il governatore della Florida ha scelto Twitter forse per innovare e forse anche per godere di una sorta di investitura da parte del proprietario del social selezionato: l’influente multimiliardario Musk. Il quale, ha già lanciato avvisaglie di un certo interesse per le questioni politiche.
I’m running for president to lead our Great American Comeback. pic.twitter.com/YmkWkLaVDg
— Ron DeSantis (@RonDeSantis) May 24, 2023
Trump se la ride su Truth e già attacca
Donald Trump prende l’iniziativa offensiva e subito si scaglia contro Ron DeSantis che, al contrario, non ha mai nominato Trump durante il suo speech di candidatura. Mai. L’offensiva trumpiana si è declinata su Truth, la sua piattaforma personale, e con soundbite inventati sul momento. L’ex Presidente lo fa spesso: crea nomignoli per denigrare i suoi avversari. In questo caso ha inventato #DeSaster per ironizzare, giocando con il cognome del suo avversario, sulla mal esecuzione della diretta Twitter.
Biden rincara la dose
Joe Biden, Presidente in carica e candidato in pectore per le prossime elezioni, si è goduto lo spettacolo da fuori ed ha – a modo suo – rincarato la dose. Sempre su Twitter, mentre DeSantis si affannava a far filare lo show, ha pubblicato il link per finanziare la sua campagna presidenziale ironizzando: “Questo link funziona”.
Frame e refraim: una sfida repubblicana
Al di là dei mezzi scelti, quello che abbiamo visto è un antipasto della sfida tutta GOP per la corsa alla candidatura alle presidenziali del 2024. Un duello che sarà probabilmente intriso di negative campaign anche se, al momento, portato avanti in modalità diverse. Donald Trump opta per l’attacco diretto: non solo l’ironia su Truth ma anche con una serie di video, che si trovano sul suo feed Instagram. Uno dei quali riporta un razzo – con la scritta RON 2024 – che va a schiantarsi.
Ron DeSantis, invece, ancora in cerca di posizionamento, è più cauto. Per ora l’unica frecciata a Trump, seppur sofisticata, è refraim. Da un video pubblicato, infatti, prendiamo conoscenza del fatto che il claim per la sua campagna sarà: “To lead our great American comeback” (“Per guidare il nostro grande ritorno americano”). È una rivisitazione del trumpiano “Make american great again”. Un aggiornamento di una narrazione che DeSantis non ha mai rinnegato ma di cui, anzi, ha fatto parte da sostenitore attivo dell’ex Presidente. Il claim si presenta più narrativo e più inclusivo, quasi volesse coinvolgere gli americani in una call to action: to lead! Sicuramente è una novità. E sta tutta qui la forza di DeSantis che pure parte indietro nei sondaggi: è come Trump – in termini di policy – ma può presentarsi agli elettori – gli stessi di Trump – come una novità.