Nel corso dell’ultima udienza del processo d’Appello per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, l’avvocato di Marco Bianchi ha puntato il dito contro la sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise di Frosinone lo scorso luglio. I giudici, in sostanza, sarebbero “colpevoli”, secondo il legale, di aver reso il processo “mediatico”. Per questo, dopo la condanna all’ergastolo, avrebbe deciso di fare ricorso in Appello. Dal canto suo, l’accusa ha chiesto la conferma della pena emessa in primo grado sia nei confronti dei Bianchi che di Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, coinvolti nell’uccisione del giovane e condannati rispettivamente a 23 e 21 anni di reclusione.
Omicidio Willy Monteiro, l’avvocato di Marco Bianchi contro la sentenza di primo grado
La sentenza di primo grado ha creato un mostro a due teste, i “fratelli Bianchi”, ma l’aula di un tribunale non deve servire a creare un mostro,
ha dichiarato, nel corso dell’ultima udienza del processo d’Appello per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il legale che sostiene Marco Bianchi, l’avvocato Vanina Zaru. In sostanza, secondo lei, il processo nei confronti dei due fratelli, accusati di aver ucciso di botte il giovane nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 2021 a Colleferro, sarebbe stato un processo “mediatico”. In pratica, i due sarebbero stati “spersonalizzati” e descritti come “mostri” dalla stampa, che avrebbe avuto quindi un ruolo chiave nella loro condanna.
Il riferimento è alla sentenza emessa il 4 luglio del 2022 dalla Corte d’Assise di Frosinone, che ha riconosciuto i quattro imputati per il delitto colpevoli, condannando i fratelli Marco e Gabriele Bianchi all’ergastolo e Francesco Belleggia e Mario Pincarelli a 23 e 21 anni di reclusione. Una sentenza che secondo il legale sarebbe “meritevole di censura”. E che non avrebbe dimostrato la colpevolezza degli imputati.
I testi hanno detto ognuno una cosa diversa e la sentenza ne ha preso un pezzo da ognuno – ha dichiarato Zaru -. Ma a fronte di condanne così severe le prove devono essere granitiche.
Il suo obiettivo è quello di scagionare il suo assistito dall’accusa di omicidio. Una strategia simile a quella dei difensori degli altri imputati, che a loro volta puntano a prendere le distanze dai due fratelli, ritenendoli i veri e unici autori del delitto.
La ricostruzione dell’omicidio
Willy Monteiro Duarte è morto all’età di 21 anni dopo essere stato preso a calci e pugni in una notte d’estate del 2021, a Colleferro. Vi si era recato in compagnia di un gruppo di amici dopo aver staccato da lavoro. Al culmine di una lite con altri ragazzi, era finito in mezzo ad una rissa ed era stato aggredito. Prima da Gabriele Bianchi, che lo aveva colpito al petto con un calcio. Poi anche dagli altre tre imputati. Stando alle motivazioni della sentenza che li ha condannati, i quattro avrebbero continuato a picchiarlo con colpi “violentissimi al capo ed al corpo” pur essendo consapevoli di poterlo uccidere.
Una vera e propria “spedizione punitiva”, messa in atto nei confronti di un soggetto più debole (loro erano esperti di tecniche di combattimento), con l’intento di fargli del male e durata in tutto pochi secondi, una cinquantina, ma d’una violenza inaudita. Ad incastrarli sarebbero state diverse testimonianze, anche se più volte i legali che li difendono le hanno ritenute non attendibili, sostenendo che i giovani in compagnia di Willy fossero ubriachi al momento dei fatti e quindi incapaci di ricordare quanto accaduto nei dettagli. Dopo le botte, la vittima si era accasciata a terra: era stata soccorso, ma era morta durante il tragitto verso l’ospedale a causa delle gravi lesioni riportate.