Federico Cafiero De Raho, già procuratore nazionale antimafia, ora deputato del Movimento 5 Stelle e, da ieri, vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia è intervenuto a Base Luna chiama Terra, programma condotto da Lorenzo Capezzuoli Ranchi su Radio Cusano Campus per analizzare non solo l’elezione a presidente dell’esponente di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, ma anche quali sono le criticità che la criminalità organizzata potrebbe sfruttare a seguito dell’alluvione in Emilia-Romagna
Cafiero De Raho: “Nomina Colosimo rappresenta maggioranza”
- Dottor Cafiero De Raho, come giudica l’elezione a presidente della Commissione di Chiara Colosimo, esponente di Fratelli d’Italia e fedelissima del presidente del Consiglio Giorgia Meloni?
La carica di presidente della Commissione è espressione della maggioranza, così come nella scorsa legislatura; la presidente Colosimo è espressione di questa maggioranza. Non c’è dubbio che ciascuno poi scelga la persona più adeguata secondo le proprie valutazioni che, nel caso di specie, erano criticate fondamentalmente da tutti coloro che vedono nel lavoro della commissione parlamentare antimafia un lavoro che deve essere portato avanti anche con il coinvolgimento delle associazioni dei familiari delle vittime di mafia. Esse molto spesso sono, oltreché portatrici di interessi familiari, anche fonti di conoscenza di momenti che vanno poi a ricomporre fatti anche di grande significato.
- Alcuni commentatori dicono che la sua elezione a vicepresidente sia il tentativo di accontentare le opposizioni, dopo che le stesse avevano abbandonato l’aula della Commissione.
Le opposizioni si sono ritirate ed uscite dall’aula quando si trattava di partecipare al voto per la presidenza della Commissione parlamentare. Fondamentalmente si è voluto evidenziare come sul presidente, che non era espressione di una condivisione, fra le varie aree politiche non vi era il sostegno di coloro che erano usciti. È evidente che nell’ambito dei vice uno è espressione della maggioranza, l’altro delle opposizioni che hanno individuato in me il parlamentare che poteva rappresentare. (Sul mio nome, ndr) c’è stata una convergenza e qualunque lettura che fosse sotto questo profilo malevola. È una lettura che non solo personalmente non colgo, visto che mi occupo di mafia dal 1979, da quando sono entrato in Magistratura, ma (con il mio lavoro) potrò portare avanti delle sensibilità dell’antimafia vera, che non solo si picca di essere l’antimafia. Di quell’antimafia che opera nei territori, che si impegna, che rischia, che si espone. Se vi è stata una scelta in questo senso, mi onora ma riconosce il mio impegno in 43 anni di magistratura in cui mi sono occupato di tutte le mafie: camorra, ndrangheta, cosa nostra.
- Quale pensa sarà il suo lavoro in Commissione?
Quello di cercare le alleanze, le condivisioni, comprendere se vi sono o vi sono state parti delle istituzioni malate, che hanno offerto il loro appoggio. E perché lo hanno fatto. Sono carte che in gran parte ho letto, leggerò e contribuirò con la commissione a elaborare. È evidente che è un grande lavoro da fare. Vi è un archivio enorme in commissione di tutti gli atti desegretati e questo determina la necessità di leggere soprattutto gli atti che hanno accompagnato il lavoro delle commissioni d’inchiesta delle legislazioni precedenti. È un lavoro notevolissimo ma particolarmente appassionante sotto il profilo della comprensione di ciò che di volta in volta è avvenuto.
“Continuerò a lavorare contro la criminalità”
- La mafia, la criminalità organizzata in generale si è evoluta?
Non si può contrastare la mafia oggi se non si ricostruisce esattamente l’evoluzione che ha avuto non solo negli ultimi anni ma anche negli anni più lontani per comprendere le alleanza quali sono state le cause eventualmente di determinate contiguità.
- E oggi?
Quello che è importante oggi è capire come le mafie continuano ad entrare negli appalti, qual è il rischio che il PNRR venga ulteriormente inquinato dalle presenze mafiose… sono aspetti questi, oltre all’utilizzazione di canali finanziari, della valuta virtuale di tutto ciò che agevola il movimento della ricchezza mafiosa, su cui la commissione parlamentare dovrà approfondire. Per me è motivo di grande importanza e passione anche per il lavoro che ho sempre fatto. Ma per gli altri significa anche condivisione di temi che non sempre vengono toccati dai parlamentari. Quando si dice che la mafia ha cambiato pelle… ha cambiato pelle relativamente.
- Perché?
Perché ha continuato ad operare in settori dove ha operato negli anni precedenti, solo che oggi lo fa attribuendo ad essi maggiori interessi. Se pensiamo ad esempio agli anni ’70 e ’80 in cui erano infiltrati nelle grandi opere e avevano una costellazione di imprese con le quali infiltrarsi negli appalti da sempre si sono mossi in questo modo, da sempre hanno creato cartelli di imprese, da sempre hanno compreso che l’economia legale rappresenta il settore in cui esprimersi e operare proprio perché la grande massa di denaro che di volta in volta viene acquisita attraverso il traffico di stupefacenti e altre attività criminali necessita di essere inserita nel circuito finanziario legale. E questo può avvenire solo attraverso il sistema economico legale e quindi attraverso soggetti che in esso operano. Il tema è questo oggi, ma lo era anche 40 anni fa. Giovanni Falcone non se lo inventa il tema del “per sconfiggere le mafie bisogna seguire il denaro”. È evidente che il denaro è qualcosa di tangibile. È vero che la valuta oggi è anche immateriale ma questa ha comunque dei canali. E su quei canali si deve anche intervenire. È cambiata la tecnologia e gli strumenti ma la modalità operativa è sempre la stessa: immettere denaro sporco nell’economia pulita, fare in modo di trasformare la ricchezza illegale in ricchezza legale. Questa la grande sfida che oggi la magistratura, delle forze di polizia e della commissione antimafia devono portare avanti: oggi bisogna salvare le imprese sane, l’economia legale, il danaro pulito delle persone che se lo guadagnano con sudore, con il rischio anche reagendo alle pressioni forti sui territori.
- A proposito di denaro sporco ed economia pulita, sono già due i miliardi stanziati a sostegno dei territori colpiti dal maltempo. C’è il rischio di ingolosire la criminalità? Che deve fare lo Stato?
Quello che fa in ogni occasione in cui vi è un’emergenza: sviluppare una attività di monitoraggio elevatissima. Imporre tracciamento denaro e dei mezzi che operano in queste circostanze. Fare in modo che tutto emerga così come è stato fatto per il ponte di Genova. Il ponte è stato fatto in poco tempo e ha trovato pochissime contrarietà criminalità, quasi nulle? Perché era tracciato tutto. Quel metodo, il cosiddetto metodo Genova, si poteva applicare con grande ampiezza e semplificazione perché veniva tracciato tutto. Qui abbiamo un PNRR che porta 200 miliardi di lavori e tracciare tutto è sostanzialmente impossibile. Quindi non controllare significa aprire grandi spazzi alla criminalità organizzata. Quello che invece si può fare dopo l’alluvione è proprio questo: controllare, selezionare, lavorare con rapidità ma al tempo stesso tracciare tutto. Così come a Genova bisognerà tracciare anche le targhe dei veicoli perché laddove le imprese mafiose non riescono ad avere gli appalti hanno i subappalti. E oggi, con il subappalto a catena, è ancora più pericoloso. E quindi bisognerò fare in modo che tutto ciò che lavora sia effettivamente rilevato trasparente chiaro, venga direttamente ai controlli da parte dei nuclei utilizzati dalla prefettura, dell’Anac delle forze dell’ordine e da parte di tutti i soggetti che sono tenuti a monitorare lo sviluppo dei lavori e quindi degli appalti pubblici non solo per garantire non solo la sicurezza e genuinità, professionalità ma anche imprese sane, fatte di persone per bene che lavorano e non hanno bisogno di immettere denaro sporco utilizzando la migliore professionalità e non possono essere scalzate dalle imprese mafiose. Questo il compito che si ha in Emilia ma anche per i 200 miliardi di contratti pubblici che dovranno essere affidati.