Scoppia la lite fra il Perugia e la Reggina durante l’assemblea di Serie B per la penalizzazione dei calabresi per mancati pagamenti dei contributi Irpef. Il club umbro, retrocesso in Serie C, ha gridato allo scandalo per l’irregolarità del campionato visto che la società reggina non ha avuto limitazioni di spesa per i cartellini e gli ingaggi dei calciatori nonostante i punti tolti dalla giustizia sportiva. Un comportamento che avrebbe minato la liceità di questa stagione vista la disparità di trattamento avuta tra i vari club. Non si è fatta attendere la replica degli amaranto che ha rivendicato la trasparenza dell’operato del club nel rispetto delle regole previste dall’Ordinamento giudiziario per le imprese in crisi e con tempestiva comunicazione alle istituzioni sportive delle azioni intraprese.

Lite Perugia Reggina, il comunicato del club umbro

Il Perugia è retrocesso in Serie C, la formazione guidata da Castori non è riuscita a centrare la salvezza finendo al diciottesimo posto in classifica. Gli umbri però non hanno digerito le decisioni della giustizia sportiva per il caso Reggina sottolineando l’intenzione di non discutere il risultato del campo. A margine dell’assemblea di Lega di Serie B ha quindi pubblicato un comunicato stampa a firma del Presidente Massimiliano Santopadre.

Si legge oggi che il Perugia si lamenta della Reggina perché è retrocesso e perché non sa accettare il risultato del campo. 

I fatti parlano da soli e lasciamo a chi legge di farsi l’idea che vuole. La Reggina ha partecipato al campionato di Serie B appena terminato perché (pur avendo debiti milionari anche per tasse e contributi) essa si è appellata ad una legge dello Stato che consente di proporre ai creditori un importantissimo taglio di quanto loro dovuto: qui parliamo addirittura di un taglio del 95%.

Giustamente, allora, la Reggina dice: che cosa volete? Stiamo applicando una legge dello Stato. Ed anzi: meglio prendere il 5% che nulla.

Come dicevamo, ognuno si faccia l’idea che vuole. Noi abbiamo parlato di violazione -e clamorosa- delle regole dell’ordinamento sportivo e non delle leggi dello Stato

L’ordinamento sportivo impone a chi vi appartiene (e tutte le squadre di B) di attenersi sempre ai principi di lealtà, correttezza e probità. Chi non lo fa è sanzionato.

Domanda: si attiene ai doveri di lealtà, correttezza e probità chi non paga tasse e contributi e lo fa anche nella stagione appena terminata?

Un’altra piccola riflessione. Lo Stato italiano (quello che ha varato la legge che ha applicato la Reggina) non impone a nessuno di avere rapporti con le imprese (come la Reggina) che dichiarano di essere in crisi. L’ordinamento sportivo, al contrario, obbliga le squadre di un campionato a competere tra loro (anche se c’è un’impresa in crisi). Si verifica quindi, nell’ordinamento sportivo, che io che pago puntualmente tutto (e mi attengo ai principi di lealtà, probità e correttezza) sono chiaramente svantaggiato nei confronti di una squadra che, anziché pagare tasse e contributi, con quei soldi ha comprato e contrattualizzato giocatori e allenatore con stipendi molto onerosi.

Anche qui lasciamo al lettore di farsi l’idea che crede. I fatti parlano da soli

La replica della Reggina

Un attacco frontale subito che ha visto l’immediata reazione da parte della Reggina. Anche il Presidente Marcello Cardona si è affidato ad un comunicato per rispondere alle accuse del Perugia.

In relazione ad alcuni articoli di stampa e sul web pubblicati oggi, la Reggina comprende la delusione di qualche dirigente di squadre avversarie per il mancato raggiungimento dei risultati attesi. Taluni sfoghi, durante l’ultima assemblea di Lega B, sono stati decisamente sopra le righe, ma la trasparenza del nostro operato, sviluppato secondo il rigoroso rispetto delle regole previste dall’Ordinamento giudiziario per le imprese in crisi e con tempestiva comunicazione alle istituzioni sportive delle nostre azioni intraprese, non lascia margine a equivoci in ordine alla nostra lealtà sportiva.

Riteniamo che siano stati sfoghi incontrollati e populisti, dettati da un’evidente delusione sportiva, esclusivamente pretestuosi e giustificativi dei loro insuccessi. Queste manifestazioni di “clamore” sarebbero probabilmente tese a spostare l’attenzione delle proprie comunità e tifoserie dal perché questi Club non si siano costituiti in giudizio sportivo per far valere le loro pretese ai sensi degli articoli 81 e 104 Cgs-Figc.