Pilar Terra senza Terra è il titolo del nuovo album dell’artista romana che ha sempre fatto del garbo la sua cifra stilistica. Al secolo Ilaria Patassini, la raffinata cantante sta girando l’Italia tra uno showcase e l’altro per presentarlo live. Il messaggio di fondo di questo nuovo lavoro lo ha anche raccontato in diretta a “Bagheera”, condotta tutti i giorni dal lunedì al giovedì in pieno drive-time e in radiovisione sul canale 264 del digitale terrestre dal cantautore Bussoletti e il sabato nell’edizione serale dalle 20 alle 22 per il “Bagheera Saturday Night Show”. Ecco i passaggi più importanti della loro chiacchierata.
Pilar Terra senza Terra, la sonorità dell’album
“Cerco di proseguire il discorso degli album precedenti ma con l’aggiunta di un ruolo da protagonista del quartetto d’archi, troppo spesso relegato a solo mondo classico. Io invece non ho mai avuto confini fin da quando studiavo al Conservatorio di giorno e la sera andavo in giro a cantare jazz.”
Pilar Terra senza Terra, il senso della canzone
“E’ un brano per me prezioso. Federico Ferrandina lo ha pensato apposta per il pianismo di Roberto Terenzi. È una constatazione di ciò che sta accadendo ma anche un mio stato d’animo. Vivo tra Roma e Alghero, mi sono sempre sentita un’apolide, sono aria e acqua, appartengo agli elementi fluidi, riottosa persino a mettere il mio nome su un campanello. È quello stato di puer eterno, quel limbo esaltato dalla società liquida descritta da Bauman, dalla globalizzazione. Rifletto molto su questo e sono convinta che sia una difficoltà mia ma anche di tutta la generazione di mezzo a cui appartengo, impreparata alla transizione tra la società analogica del Novecento e quella digitale, condannata a una precarietà che predispone a una vita all’arrembaggio. Poi, i fatti di questi giorni in Emilia sono una dimostrazione di quello che l’uomo sta facendo, cioè sottraendo terra alla terra. Ciò lo possiamo applicare anche i migranti in fuga da violenze e fame: siamo tutti alla disperata ricerca di un altro alfabeto, così da un lato viviamo una materializzazione e dall’altro, per fortuna, abbiamo l’istinto di conservazione che ci guida.”
Sul senso della canzone “Niagara”
“Tengo molto a questa storia così metaforica. Maria Spelterini è stata una funambola italiana che per prima, e forse per ultima, ha attraversato le cascate del Niagara, nel 1876. Un attraversamento impossibile che mi sembrava perfetto per descrivere quello che per decenni noi donne abbiamo dovuto fare nelle relazioni, nelle dimensioni familiari e lavorative dove ci era richiesto di conciliare l’inconciliabile. Siamo funambole del quotidiano non perché siamo “naturalmente multitasking” ma perché la società fino a questo momento ce lo ha imposto. Con questa canzone canto il mio rifiuto a questa situazione.”
Sul ricordo di Pierre Ruiz
“È stata la prima canzone a scendere dal cielo. L’ho composta per un amico caro, Pierre Ruiz, che era davvero un uomo straordinario che aveva un rispetto e una conoscenza per la musica enorme passato a suo figlio Antoine Ruiz. Era un top manager, sempre in viaggio, ma aveva anche fondato la casa discografica Esordisco che seguiva con passione. Ha fatto talmente tanto parte della mia vita che è un po’ colpa sua se sono finita in Sardegna. Purtroppo nel 2020 un malore improvviso lo ha portato via a soli 58 anni, mentre stava salendo al Monte Arcuento, in Costa Verde, luoghi che amava particolarmente. Un lutto che in realtà non sono mai riuscito ad elaborare: una parte del mio inconscio pensa che sia ancora in viaggio. Forse, ora che sono riuscita a scrivere questa canzone, sto iniziando a capire che potrebbe non tornare più.”
Ecco il link del podcast dell’intera intervista a Pilar sul nuovo lavoro: