Tra i film in concorso al Festival del Cinema di Cannes c’è “Rapito” di Marco Bellocchio, che racconta la vera storia di Edgardo Mortara, il bimbo ebreo di sette anni che nel 1858 fu rapito dallo Stato Pontificio per volere di Pio IX per essere cresciuto come cattolico, lontano dalla sua famiglia. Il suo caso ha ispirato, negli anni, libri e documentari di ogni sorta, facendo riflettere sul ruolo e sull’ingenerenza della Chiesa ai tempi dell’Inquisizione, prima che l’Italia fosse unita.

Edgardo Mortaro, storia vera del bimbo ebreo rapito dallo Stato Pontificio

Nato a Bologna il 27 agosto del 1851, Edgardo Mortara aveva appena 7 anni quando, la sera del 23 giugno 1858, fu prelevato con la forza dall’abitazione in cui viveva con la sua famiglia da alcuni agenti della polizia pontificia e portato a Roma. Erano gli anni dell’Inquisizione. Quelli che in Italia passarono alla storia con il nome di Risorgimento, perché precedettero l’Unità, del 1861. E lo Stato Pontificio, che all’epoca comprendeva anche Bologna, era particolarmente influente, così come lo erano le sue leggi. Ce n’era una, in particolare, che prevedeva che i cristiani non potessero essere cresciuti da persone di altre fedi. La famiglia di Edgardo era di origini ebraiche.

Lui, invece, era stato battezzato. Successe all’insaputa dei suoi genitori, nel suo primo anno di vita. La domestica, Anna Morisi, pensando che il piccolo stesse per morire a causa di una grave malattia, pensò di dargli il sacramento. Quando l’allora inquisitore di Bologna, il domenicano Pier Gaetano Feletti venne a conoscenza dei fatti, ne dispose l’allontanamento dalla famiglia. Essendo stato battezzato, Edgardo avrebbe dovuto crescere come cristiano. Furono i gendarmi a prelevarlo dalla sua abitazione. La famiglia, mai venuta a conoscenza del gesto della domestica, non capendo la situazione, non riuscì ad opporsi.

Si trattò a tutti gli effetti di un rapimento, avallato da Papa Pio IX. Sotto la sua custodia, nonostante il tentativo della famiglia di riaverlo con sé, il bimbo crebbe all’interno di un collegio cattolico. Finché, diventato adulto, non decise di diventare sacerdote.

Un caso che ha sconvolto l’opinione pubblicata italiana e internazionale

La storia attirò su di sé molti riflettori. In tanti cercarono di fare il possibile per riportare Edgardo a casa, ma senza successo. Si inviarono suppliche al Papa, si cercò di dimostrare l’indegnità morale di Anna Morisi, sostenendo che non fosse in grado di capire la portata del suo gesto. Dall’estero l’Alliance israélite universelle, un’associazione nata in difesa dei diritti degli ebrei, lanciò svariati appelli alla Chiesa. Niente servì. Con l’abolizione dell’Inquisizione nel 1859, l’inquisitore fu arrestato e processato, ma venne assolto perché fu dimostrato che aveva agito seguendo le norme in vigore all’epoca, sotto la supervisione dei suoi superiori.

Quando Roma fu annessa al resto d’Italia, nel 1870, fu lo stesso Edgardo a decidere di non ricongiungersi con la sua famiglia. Una volta entrato negli ambienti ecclesiastici, si trasferì in Austria e poi in Francia, dove fu ordinato sacerdote con il nome di Pio, in onore del Papa che ne aveva ordinato il rapimento e che fu per lui come un “padre adottivo”. Dimostrando di aver acquisito i princìpi che avevano cercato di inculcargli, non rendendo lui e la sua famiglia liberi di scegliere. Del suo caso si è parlato e scritto molto. E nel tempo la sua storia ha ispirato le produzioni più diverse, facendo riflettere sul ruolo e il potere della Chiesa del tempo e delle sue leggi. Di recente ha ispirato il film “Rapito” di Marco Bellocchio, attualmente in concorso al Festival del Cinema di Cannes.