I sei rapinatori arrestati oggi a Napoli hanno alle spalle un curriculum mica da ridere: due colpi perfettamente riusciti nel napoletano e un nuovo progetto milionario in Belgio. La tecnica è sempre la stessa, quella conosciuta con l’etichetta di “filo inverso”. I rapinatori adocchiano la vittima e la segnalano con un filo di cotone sulla giacca. A quel punto il malcapitato viene seguito fin dentro un istituto di credito e, prima che depositi il denaro nel conto, si vede accerchiato dai rapinatori che gli sottraggono tutto.

ll modus operandi aveva già funzionato alla perfezione per due colpi precedenti a Casoria ed era pronto per essere esportato anche all’estero, in Belgio.

Rapinatori arrestati a Napoli: per il colpo in Belgio avevano acquistato maschere professionali

Quando fai un lavoro, devi farlo bene, senza badare a spese. Forse ispirati da questo mantra, i sei rapinatori del “filo inverso” hanno scelto una dotazione speciale per il loro colpo in Belgio. Si tratterebbe di maschere in silicone professionali, che hanno la particolarità di camuffare completamente le sembianze di una persona attribuendole realisticamente i tratti somatici di un’altra.

Il costo di questa dotazione ammontava alla bellezza di 500 euro a maschera, acquistate appositamente in un laboratorio teatrale da un membro della banda che fa base a Bucarest. Il piano per entrare in azione in Belgio sembrava dunque studiato e realizzato nei minimi dettagli. È sfuggita solo una cosa: l’intervento della Polizia di Napoli che ha emesso contro i ladri professionisti una misura di custodia cautelare in carcere.

La tecnica del “filo inverso”: ecco come i rapinatori arrestati a Napoli rubavano alle loro vittime

Un filo di cotone sulla giacca, una Fiat Panda, una Opel e una moto. Ecco tutto quello che serve, con l’aggiunta giusto di qualche arma da fuoco per neutralizzare le vittime, per una rapina perfetta. L’osservazione di alcuni video di sicurezza che ritraevano la banda in azione ha permesso di comprendere tutte le fasi della tecnica.

Prima la banda individuava i potenziali bersagli (di solito imprenditori o agenti di commercio che erano soliti trasportare in banca contanti o preziosi), poi li seguiva per settimane in modo da comprendere con quale frequenza avvenissero i versamenti negli istituti di credito. Infine, arrivava il giorno dell’azione: con il filo sulla giacca i rapinatori riconoscevano la vittima, la tallonavano sulle loro auto – o moto – nel tragitto verso la banca e, una volta dentro, agivano repentinamente con armi da fuoco.

Questa la tecnica utilizzata per le due rapine svolte a Casoria. La prima risale al 13 aprile, ai danni di un agente di commercio; la seconda è di tre giorni dopo, questa volta coinvolgendo un imprenditore che stava per versare i proventi della sua attività. I due colpi hanno fruttato rispettivamente le somme di 1.500 euro, con l’aggiunta di un tablet, e di 10.940 euro, più i 150 di oggetti personali dell’imprenditore. La banda era pronta a fare il salto di qualità in Belgio, ma l’intervento della Polizia ha definitivamente scongiurato l’ipotesi di nuove rapine che sarebbero potute avvenire da un momento all’altro.