Prosegue, negli Stati Uniti d’America, il lavoro per l’innalzamento del tetto del debito da approvare entro il 1 giugno per evitare il default finanziario. Una procedura che di solito prosegue in maniera abbastanza fluida e senza sussulti ma che quest’anno si sta trasformando in una vera e propria partita a scacchi tra i due principali partiti americani: quello repubblicano e quello democratico. Una sorta di antipasto delle elezioni presidenziali che avranno vita il prossimo anno. Non a caso sono due esponenti di segno opposto a trattare la questione: il presidente Joe Biden e lo speaker della Camera – dove il Partito Repubblicano ha la maggioranza – Kevin McCarthy. È lì, infatti, che l’innalzamento deve essere approvato. Ed è lì, evidentemente, che Biden deve cercare l’accordo per portare a casa il risultato. Non riuscirci potrebbe costare molto alla presidenza: non solo il guaio finanziario ma anche una macchia con la quale fare i conti in vista della prossima campagna elettorale, con i repubblicani lì pronti a far pesare l’insuccesso. Si spiega proprio così, tra gli altri motivi di merito, la reiterazione di McCarthy a raggiungere l’accordo.
Usa, innalzamento debito: no al 14 esimo emendamento
Motivo per cui si è paventato, in particolar modo nei giorni scorsi, che Joe Biden potesse optare per bypassare i formalismi istituzionali. Quindi evitare la contrattazione con lo speaker della Camera e procedere da solo all’innalzamento del tetto del debito facendo ricorso al 14 esimo emendamento della Costituzione Americana. L’emendamento in questione, secondo alcuni studiosi legali consentirebbe al Tesoro degli Stati Uniti di ignorare il limite del debito. Ma non sarebbe questa – riporta l’AGI – l’intenzione della presidenza Biden. Dalla Casa Bianca, infatti, sono convinti che questa soluzione non risolverebbe il problema. Al massimo metterebbe la polvere sotto il tappeto: “non risolverà il problema attuale”, ha dichiarato ai giornalisti l’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre. Biden, quindi, ha accantonato qualsiasi progetto di ricorrere a un meccanismo costituzionale per risolvere la crisi del debito.
Il gioco repubblicano e la paura del 1 giugno
Il GOP, quindi, fa il suo gioco. E lo declina attraverso Kevin McCarthy che non risparmia accuse al presidente Joe Biden che starebbe – a detta sua – cercando di “alterare” i negoziati. Le parole dello speaker della Camera: “Il presidente – riporta l’AGI – ha detto ‘non potete fare niente con Medicare e Social Security’ e ora vuole convincere noi”. L’eventuale taglio, infatti, allarma i repubblicani che sono contrari a un intervento centrale per abbassare i prezzi dei farmaci.
Allo stesso tempo, però, i repubblicani della Camera del Congresso americano cominciano a pensare che la data del 1 giugno, indicata dal segretario al Tesoro Janet Yellen come termine improrogabile entro cui trovare un accordo sul debito, non sia in realtà una scadenza certa. Le perplessità aumentano giorno dopo giorno e la data fatidica dista, ormai, solamente dieci giorni: il tempo stringe. Dal Tesoro non cambia la linea ed è stato reso evidente Yellen che, in una lettera inviata ieri al Congresso, ha ribadito che, in assenza di accordi, l’1 giugno l’amministrazione americana non sarà in grado di onorare i pagamenti. Una situazione che scatenerebbe una crisi finanziaria e politica dagli effetti ancora non calcolabili.
McCarthy a lavoro
Sono diversi gli esponenti del Partito Repubblicano ad aver palesato qualche perplessità. Tra questi Matt Gaetz, Ralph Norman, Patrick McHenry. La loro linea trova sintesi in questa affermazione: “Il Tesoro venga a dimostrarci, con i numeri, che le cose stanno così”. In tutto questo c’è Kevin McCarhy che, anche in virtù del suo ruolo istituzionale, continua a lavorare prendendo alla lettera quanto affermato dal Tesoro. Così lo speaker secondo le parole riportate dall’AGI:
Il governo ha indicato una data – ha detto ieri, rispondendo alle domande dei giornalisti – il presidente può avere più informazioni a riguardo, ma lei (Yellen, ndr) è stata molto chiara.