23 maggio 2021, ore 12.30. Una data che ha sconvolto un Paese intero, incollando milioni di persone alla televisione o agli schermi degli smartphone. Sono passati due anni da quella data, da quando la funivia del Stresa-Alpino-Mottarone è precipitata, provocando diverse vittime fra adulti e bambini. E un solo sopravvissuto.

Mottarone, la data della tragedia

È una domenica di maggio, soleggiata e calda. Molti turisti sono in fila per aspettare la funivia a salire sul monte Mottarone. La funivia era stata riaperta da un mese circa, dopo essere stata chiusa a causa della pandemia di Covid. La funivia fa avanti indietro diverse volte: è attiva dalle 9.30. Fino al suo ultimo viaggio. Parte da Stresa, carica di turisti, bambini che gridano di felicità e guardano la piccola terra dall’alto della funivia. Il mezzo è a pochi metri di distanza dalla stazione Mottarone, quando il cavo traente si spezza. La cabina numero 3 si distacca, torna indietro appesa al cavo portante a folle velocità. Sbatte contro uno dei piloni del tracciato e precipita al suolo, dopo essere caduta da oltre 20 metri.

Tragedia del Mottarone, le vittime

Le prime notizie sulle vittime sono confuse. Si parla di 6 morti, poi 8. Ma alla fine saranno 14 le persone morte sul colpo. Due bambini vengono trasferiti d’urgenza all’Ospedale Regina Margherita di Torino: Mattia Zorloni, di cinque anni, e Eitan Biran, di 6 anni. Il primo purtroppo non ce la farà. Muore in ospedale. Eitan invece sì, diventando il simbolo di questa maledetta tragedia, anche per tutte le vicissitudini che seguiranno e lo vedranno in qualche modo – suo malgrado – protagonista. Eitan nello schianto perde il padre Amit Biran, 30 anni, la madre Tal Peleg, 26 anni, e il fratello Tom, di soli 2 anni. Oltre ai bisnonni Barbara Cohen Konisky, di 71 anni e Itshak Cohen, di 82.

Le prime indagini

Sul luogo dell’incidente arriva il procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, che predispone il sequestro dell’impianto della Funivia. Il magistrato parla delle cause che hanno provocato lo schianto: il cavo traente “si è spezzato di netto“. Si procede, dice il procuratore, per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.

“Anzitutto la rottura del cavo trainante, che è stato rinvenuto spezzato e a terra. A fronte di questa rottura avrebbe dovuto entrare in funzione un sistema di emergenza che avrebbe dovuto determinare il blocco immediato della cabina, cosa che invece non è avvenuta. Il motivo per cui questo non è avvenuto sarà oggetto degli accertamenti”.

Si inizia a parlare del “forchettone”, utilizzato per disattivare i freni di emergenza. Due giorni dopo, il 25 maggio, viene aperto un fascicolo contro ignoti. Il 26 maggio la Procura emette tre ordinanze di fermo nei confronti del titolare della società che gestisce la funivia, il direttore di esercizio, Enrico Perocchio, e del caposervizio, Gabriele Tadini. I tre sono portati nel carcere di Verbania.

A sei giorni dalla tragedia, dopo un interrogatorio condotto nel carcere, il gip Donatella Banci Buonamici ordina la scarcerazione per Nerini e Perocchio. Tadini finisce ai domiciliari. Il 7 giugno il caso viene passato al gip titolare Elena Ceriotti, estromettendo la gip supplente Banci Buonamici. L’1 luglio gli indagati salgono a 14: 12 persone fisiche e 2 società (Ferrovie del Mottarone, proprietaria della Funivia, e Leitner, deputata alla manutenzione dell’impianto). Tutti sono accusati di omicidio colposo e lesioni colpose. Le due società rispondono amministrativamente per omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Agli altri 12 indagati viene contestato anche il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti.

Il 22 luglio 2021 si arriva così all’incidente probatorio. In questa fase del processo vengono acquisite le perizie tecniche e viene fissata per il 16 dicembre l’udienza in cui i periti esporranno le loro conclusioni. Il 3 agosto inizia il primo sopralluogo sul luogo dell’incidente dei periti e dei legali.

Intanto uno dei primi indagati viene scarcerato. Il 25 novembre Gabriele Tadini, capo tecnico della funivia, viene stato scarcerato per la decorrenza dei termini massimi di carcerazione preventiva.

Si arriva al 16 dicembre ma il gip predispone la proroga dei tempi per i periti. La relazione finale dovrà essere depositata entro il 30 giugno, mentre l’udienza conclusiva è prevista per il 14 luglio. Il 12 maggio 2022 i periti eseguono l’ultimo sopralluogo sul luogo dell’incidente in vista della conclusione dell’incidente probatorio. Ma il 24 giugno il gip allunga i tempo per la conclusione perché le relazioni finali non sono ancora pronte: appuntamento a ottobre.

Il 16 settembre i periti depositano finalmente la relazioni da cui emerge che la fune traente, spezzatasi, era già danneggiate. Ciononostante nessun controllo lo ha evidenziato. Il 20 ottobre 2022 prende il via l’udienza conclusiva dell’incidente probatorio al Tecnoparco di Verbania. Dopo 17 mesi di lavoro, prima con la redazione della perizia e poi con otto udienze, si conclude l’incidente probatorio il 16 dicembre 2022.

La procura, invece, chiude le indagini il 19 maggio 2023, poco prima del secondo anniversario della tragedia. Rimangono indagate sei persone e due società. Tutti gli altri vengono archiviati.

La storia di Eitan: dalla tragedia al rapimento

Il piccolo Eitan, l’unico sopravvissuto alla tragedia, esce finalmente dall’ospedale quasi un mese dopo lo schianto. Il 10 giugno lascia il Regina Margherita di Torino. L’elicottero porta il piccolo a Pavia, nella casa della zia paterna Aya, nominata dal giudice come tutrice legale di Eitan. Ma il nonno materno, Shmuel Peleg, non ci sta e il primo settembe lo rapisce e lo porta in Israele. Peleg, un grande passato nell’esercito israeliano, prende il piccolo Eitan e lo carica su un’auto a noleggio. Insieme varcano i confini dell’Italia per arrivare a Lugano. Qui Peleg si imbarca su un aereo privato per Tel Aviv.

Il 12 settembre la procura di Pavia apre un fascicolo nei confronti di Peleg e della moglie, la nonna materna, per sequestro di persona. Il 23 settembre si apre il processo in Israele, sul quesito se deve tornare in Italia o restare con i nonni materni. Il 25 ottobre, dopo una seconda udienza, il giudice del tribunale di Tel Aviv decide che il piccolo Eitan deve rientrare in Italia.