Il tema della sicurezza a Milano per i tassisti torna al centro delle cronache dopo gli episodi di violenza degli ultimi giorni. Stefano Corti, tassista milanese, ha denunciato solo pochi giorni fa di essere stato aggredito, in corsa, da alcuni passeggeri. La vittima ha riportato diverse contusioni e la frattura del setto nasale. L’episodio non è però isolato: solo ieri, una 22enne ha tentato di rapire un bambino in pieno centro a Milano. Un gruppo di uomini avrebbe, invece, violentato un ragazzo all’alba di domenica. La situazione di crescente incertezza che caratterizza le vie del capoluogo lombardo impatta dunque sui cittadini e sui lavoratori, come i tassisti, i quali registrano un aumento delle aggressioni a loro carico.

Sicurezza tassisti a Milano, Boccalini (Taxi Blu): “Non si comprendono i rischi che la nostra categoria corre”

Anche i tassisti segnalano la presenza di una persistente situazione di scarsa sicurezza tra le vie di Milano. È di qualche giorno fa, infatti, la denuncia di un tassista milanese, Stefano Corti, il quale ha subito una violenta aggressione fisica per mano di un gruppo di passeggeri. Fortunatamente le Forze dell’ordine sono riuscite, in questo caso, a identificare gli aggressori, ma non sempre questo accade.

L’aumento delle violenze in città trova conferma anche nelle cronache quotidiane. Nel weekend appena trascorso, ad esempio, le Forze dell’ordine hanno soccorso un giovane ragazzo che ha raccontato di essere stato violentato in via Lecco. Solo qualche settimana fa, poi, una giovane americana è stata trovata sanguinante in discoteca.

Per comprendere quale sia il punto di vista dei tassisti – i quali operano, costantemente, nelle vie della milanese – la redazione di TAG24 ha raggiunto Emilio Boccalini, presidente di Taxi Blu.

Presidente Boccalini, è di pochi giorni fa l’ultimo episodio di violenza contro un tassista. Milano è diventata più insicura?

“Dopo il lockdown Milano è diventata una città più pericolosa di prima. Non so quanto abbia influito la quarantena, ma sicuramente il periodo in cui si è notato un cambiamento forte è stato quello”.

Si parla molto del tema della sicurezza a Milano, ma le persone sono consapevoli del rischio che corrono i tassisti, i quali lavorano soli e spesso di notte?

“No, secondo me non se ne parla molto. In questo la nostra è una categoria dimenticata. Non c’è consapevolezza dei rischi che corrono i colleghi che lavorano di notte. È come se ci fosse una bolla in cui si lascia semplicemente che le cose succedano. Purtroppo è questa la verità”.

Al di là delle notizie che poi arrivano sui giornali, lei registra un aumento delle violenze nei confronti dei colleghi?

“Sì, soprattutto di piccole violenze. Capita spesso che i colleghi abbiano difficoltà ad entrare in determinate zone, dove se ti presenti con il taxi non ti fanno entrare o ti tirano pugni o bottiglie sulla macchina.. Si verificano tanti piccoli episodi che non vengono denunciati. Noi abbiamo riferito di questo tema più volte ai giornali. Ci sono delle zone di Milano, come quelle della movida, in cui è veramente difficile prestare servizio. I colleghi fanno fatica a prendere clienti in certe zone perché hanno paura. Le persone devono capire che noi in macchina siamo soli, questo è il vero dramma“.

Quali sono le zone di Milano più pericolose?

“Sicuramente le zone della movida, dove vi è più possibilità che vi sia concentrazione di persone. Poco tempo fa, ad esempio, non più tardi delle 18.30, in corso Como un ragazzo ha subito il furto del telefono. È chiaro che non è una notizia che va sui giornali, ma stiamo parlando di una delle zone più frequentate della città dove c’è un ristorante o un locale ogni 10 metri. Il problema è l’impunità delle persone. Si commettono piccoli reati perché si sa che non ci saranno conseguenze”.

Anche la zona della stazione non sembra particolarmente sicura, neanche di giorno.

“La zona della stazione centrale è un disastro. Per non parlare dei Navigli, di Porta Ticinese e di tutte le zone dove alla sera ci sono più locali”.

Perché non si denuncia?

Non sono solo i colleghi che non denunciano. Neanche i cittadini lo fanno. Nessuno denuncia questi piccoli reati perché di fatto è una perdita di tempo da cui non si ottiene nulla. Pensiamo alle piccole rapine che avvengono in macchina: noi prendiamo comunque l’80% dei pagamenti con carta di credito. Non vale la pena: il tempo di andare a sporgere denuncia è tempo rubato al lavoro. Purtroppo è così, c’è poco da fare in queste città. Le notizie più eclatanti vanno sui giornali: penso all’aggressione alla ragazza in ascensore e ai due omicidi avvenuti attorno la Stazione centrale.

Milano non è in sé pericolosissima, ma l’aumento della piccola criminalità, che tocca le persone da vicino, dà la percezione più forte. A tutti fa fastidio che l’economia sia inquinata da capitali malavitosi, ma è evidente che quello che si subisce sulla propria pelle – il piccolo furto, la piccola aggressione – si sente di più”.

È stato fatto qualcosa per presidiare meglio la città?

Sì, ma il problema è che si è chiuso il vaso quando l’acqua era uscita. Stanno cercando di mettere a posto la città ma è davvero difficile. Il tema è la sensazione di impunità: chi vuole delinquere continua a farlo perché ha la sensazione che non gli succederà niente”.

Cosa possono fare i tassisti per proteggersi?

“Noi ci siamo protetti da soli e con l’aiuto della Regione abbiamo montato delle telecamere sulla macchina che fanno da deterrente. Una soluzione che potrebbe funzionare è stata già sperimentata a Milano. Il sindaco Moratti aveva messo dei presidi misti – carabinieri e militari – in alcuni posti fissi della città. In questo modo, i tassisti che si sentivano minacciati sapevano dove dirigersi con l’automobile. Il tema è far sentire la presenza dello Stato: questo aiuta tantissimo. Non a caso, in quel periodo, la microcriminalità era diminuita sensibilmente”.

Questi presidi sono ancora presenti?

“No, perché quello che dovrebbe essere un problema senza colore politico è diventato un tema di parte. A qualcuno non andava bene si utilizzassero militari in tempo di pace. Come al solito, la politica non fa i conti con le reali necessità dei cittadini. E questo è il risultato. Ora si cerca di mettere una pezza, in Stazione centrale si è in parte riusciti, ma il lavoro da fare è enorme”.