Già da qualche tempo la peste suina sta facendo parlare di sé, oggi con la notizia del recente rinvenimento di cinque cinghiali morti presso Salerno. Nello specifico, i controlli dei Carabinieri Forestali hanno messo in rilievo come gli esemplari deceduti erano stati infettati dalla peste suina africana, un virus ad altissima mortalità che colpisce suini e cinghiali selvatici.
La malattia virale è innocua per l’uomo, ma potrebbe portare a gravi perdite tra gli animali da allevamento, con la conseguenza di profonde emorragie economiche tra gli allevatori.
I cinghiali morti a Salerno avevano la peste suina africana
Le carcasse dei cinghiali morti nei boschi attorno a Salerno sono state individuate già il 20 maggio, presso la foresta Cerreta Cognole. Gli animali si trovavano in avanzato stato di decomposizione. Immediatamente trasferite presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno di Portici (Napoli), le salme sono poi risultate positive al test per la peste suina africana (abbreviato PSA), svolto il 21 maggio.
A seguito della conferma della diagnosi da parte dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Umbria e Marche, è stata disposta l’unità di crisi locale e regionale con la presenza del Commissario Straordinario per la PSA del Centro di referenza nazionale e della Direzione generale della sanità animale del Ministero della Salute.
Peste suina: un pericolo per gli allevamenti
Come detto, il virus della peste suina africana non è pericoloso per l’uomo. O meglio, non lo è per il suo organismo, anche se può causare qualche problema al suo portafogli. La morte degli animali da allevamento causate dalla malattia porterebbero infatti a ingenti perdite, alle quali si dovrebbero aggiungere i costi delle restrizioni agli spostamenti dei maiali e cinghiali selvatici e delle misure di controllo.
La malattia è presente in Italia già da diverso tempo: in Sardegna si parla della peste suina da decenni, mentre solo l’anno scorso la malattia sarebbe arrivata a spaventare gli allevamenti di Liguria, Piemonte, Lazio e Calabria. La diffusione del morbo è dovuta proprio agli spostamenti dei cinghiali selvatici, che già ad aprile avevano causato il contagio in alcuni allevamenti di Piemonte e Lazio: in quell’occasione si contarono ben 16 casi di PSA.