Una eterna rincorsa quella tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Un’alleanza, quella giallorossa, che sugellò la nascita del Conte II e che diede inizio ad una nuova fase della vita politica grillina che, proprio in opposizione al PD e all’establishment politico in generale, aveva costruito la sua identità politica. Poi la rottura dell’intesa, a cui aveva fortemente lavorato l’ex Segretario dem Nicola Zingaretti, nel momento in cui Giuseppe Conte decise di contribuire allo strappo interno alla maggioranza Draghi, quindi a mettere fine all’esecutivo guidato dall’ex numero uno della Banca centrale europea. Alle politiche i due partiti decisero di andare separati e la distanza si è fatta di nuovo importante. Poi l’oggi: la vittoria di Elly Schlein ed i timidi passi per un riavvicinamento che, al momento, meglio specificare è ancora lontano. Fanno eccezione gli accordi sul piano locale dove, qua e là, i due partiti trovano la forza per fare un accordo e andare in coalizione. È successo, ad esempio alle elezioni regionali in Lombardia, così come succederà in quelle del Molise del prossimo giugno. E succede anche nei singoli comuni: per esempio a Latina, dove però ha stravinto il centrodestra, oppure a Brindisi dove il candidato delle due forze se la vedrà al ballottaggio del 28 e 29 giugno contro l’esponente di centrodestra.
Alleanza M5s e Pd: l’apertura di Boccia
Non ci sono, al momento, le condizioni strutturali per un’alleanza Pd-M5s. Ma il tentativo di iniziare, almeno a dialogare, almeno sui temi, sembra esserci. Lo ha esplicitato, tra gli altri, il capogruppo dem Francesco Boccia che oggi, in occasione della presentazione del libro ‘Si fa presto a dire sinistra’ ha dichiarato:
Penso ci siano tutte le condizioni affinché queste tre sinistre parlino lo stesso linguaggio attorno all’uguaglianza. Anche per questo motivo è arrivata Elly Schlein. Il Pd prova a dire a tutti gli altri partiti dell’area progressista che su alcuni valori non si fanno mediazioni al ribasso, nemmeno in nome della governabilità, perché è lì che il Pd ha perso l’anima in passato.
Le condizioni di Patuanelli tra guerra in Ucraina e salario minimo
C’era anche Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle, alla presentazione del libro. Sul tema dell’alleanza con il Partito Democratico è intervenuto dicendo che c’è un tema, tra gli altri, ad evidenziare un discrimine. Ed è quello della guerra in Ucraina. Le sue parole:
Nella distanza che c’è col Pd, la posizione sulla guerra sicuramente ha un peso perché non comprendiamo perché su un tema così determinante ci sia un tentennamento di una forza che speravamo anche sul tema della guerra facesse un passo verso una posizione netta di stop all’invio di armi. Una parola netta sullo stop all’invio di armi è necessaria per costruire una prospettiva di fronte comune.
Stefano Patuanelli, quindi, a nome del suo partito, pone i paletti e delinea il recinto dentro qui è possibile immaginare un dialogo con il Partito Democratico. Nessuna esclusione aprioristica, quindi. Lo ha fatto capire, il capogruppo, attraverso queste parole:
Io mi sento di sinistra. M5s ha interpretato delle esigenze della società. Non sempre ha vinto le sfide di governo a cui ha partecipato. Per la prima volta con Giuseppe Conte leader abbiamo inserito nel nostro statuto ci sono elementi che collocano la nostra forza politica in un campo ben preciso. Mi auguro che con la nuova segreteria Pd le ricette siano conseguenti.
Sugli altri temi, poi ha aggiunto:
Credo che con Elly Schlein ci siano condizioni per non parlare più di salario minimo o di reddito di cittadinanza, dandoli per scontati. La mia speranza è che vengano valorizzate le cose che ci uniscono, non quelle che ci dividono.