A Trieste i lavoratori dello stabilimento della Wartsila sono in fermento perché la società ha deciso di spostare la produzione in ‘casa’, in Finlandia e ci sono 450 posti di lavoro da coprire entro il prossimo settembre. Così stamattina c’è stata un’assemblea per informare i lavoratori di come si sta evolvendo la situazione. “Abbiamo tenuto un’assemblea più che uno sciopero, uno stop di un’ora necessario per spiegare a tutti come stanno andando le cose e come è andato l’incontro al MIMIT. E per dire che lunedì prossimo abbiamo un incontro in Regione con il Presidente per farci spiegare bene il piano industriale”. A spiegarlo è Andrea Della Pietra, RSU Fiom Cigl della comparto italiano. Si parla di una realtà importantissima, per Trieste e per la produzione nazionale di motori diesel a 4 tempi. Gli addetti erano circa 970 e di loro, adesso, sono in 450 a rischiare il posto di lavoro. “Una delocalizzazione quanto meno particolare, nel nord Europa i costi del lavoro sono più alti rispetto ai nostri”. Andrea Della Pietra contattato da noi di Tag24, ha raccontato come sono andate e come stanno andando le cose. “Noi siamo stati avvisati il 4 luglio dello scorso anno che ci sarebbe stata questa delocalizzazione dello stabilimento”.

Wartsila delocalizza lo stabilimento, Andrea Della Pietra spiega “Aspettiamo delle risposte entro due o tre settimane altrimenti vedremo cosa fare”

I sostanza la Wartsila, finlandese, ha deciso di portare in patria la produzione e tutto lo stabilimento che fino ad ora era stabile e solido a Trieste. Uno spostamento a cui non sono corrisposte richieste di eventuali trasferimenti. La comunicazione è stata semplice: chiudiamo qui e apriamo in Finlandia. “Si – conferma Della Pietra – hanno deciso di portare tutta la produzione in Finlandia. A quanto il loro governo ha stanziato delle risorse per incentivarli a farlo, aiutandosi con un sostegno del 60-70 percento. Una delocalizzazione strana visti i costi del lavoro e le differenze che ci sono tra quanto siano alti li o qui in Italia, ma fatto sta che lo faranno”. Anzi, in realtà già lo hanno fatto. “Secondo l’accordo firmato noi rimarremo aperti e attivi a Trieste fino a novembre, anche se l’accordo scade a settembre. In realtà già non stiamo facendo molto perché in Finlandia già hanno aperto lo stabilimento e già sono operativi. Mentre da noi non arrivano più materiali, teoricamente stiamo lavorando, praticamente abbiamo poco da fare ormai”. Quindi siete in cassa integrazione? “Assolutamente no, era una delle basi dell’accordo. Non si è parlato di cassa integrazione, noi teoricamente siamo ancora in produzione, ma in realtà non possiamo farlo perché avendo spostato già tutto, praticamente non abbiamo lavoro e materie con cui lavorare”.

Wartsila delocalizza la produzione, l’RSU Della Pietra racconta “Ci avevano presentato delle possibili acquirenti ma nessuna era concreta”

Secondo l’accordo di cui parla il rappresentante sindacale, per i dipendenti a rischio sarebbe dovuta arrivare una soluzione che invece ancora non si vede. “Ci avevano assicurato che saremmo stati ‘acquisiti’ da altre società, ma avevano parlato di un paio di soluzioni che invece non si sono concretizzate. Una su tutte la IMR Industries, produttrice di cruscotti, ma in realtà non ci sono mai stati contatti. Lo abbiamo scoperto dal TG, subito dopo aver incontrato il Ministro del Made in Italy”. In sostanza dopo l’incontro al MIMIT con cui le parti – Governo e lavoratori – stanno cercando di trovare delle soluzioni, era emersa la possibilità che ci fosse una società pronta ad acquisire i dipendenti che sono ancora a rischio. Ma proprio in seguito alle notizie diffuse dopo l’incontro al governo, è venuto fuori che la IMR non si era mai fatta avanti. E ora? “Ora aspettiamo che tengano fede all’accordo. Secodo cui ci hanno garantito che saremmo stati ricollocati”. Su 450 dipendenti a rischio, ne sarebbero rimasti circa 300 ancora con il futuro in bilico. “Perché alcuni – ci spiega a ancora Andrea Dellapietra – sono stati spostati nell’attività del service, circa 150”. Nei giorni scorsi, oltre al nome della IMR Industries era emersa anche un’altra possibilità. Questa vera ma non realizzabile. “Era una start up, ma conta in tutto 27 dipendenti e non può essere una valida alternativa”. Vi siete dati un tempo limite, per poi magari tornare a muovervi e farvi sentire? “Noi abbiamo fatto sapere che vorremmo delle risposte entro 2 o 3 settimane. Se non dovessero arrivare poi da metà luglio vedremo come agire”. Nel frattempo, dopo l’assemblea che si è tenuta stamattina davanti allo stabilimento, i lavoratori sperano che il Governo prenda in mano la situazione. “Speriamo stia lavorando a qualcosa di concreto. Ora siamo nelle mani della Wartsilia e speriamo in quelle del Governo. Anche da loro ci aspettiamo qualcosa di concreto”.