Si fa sempre più stretta la morsa di Xi Jinping, Presidente della Cina, sulla censura. Il presidente, da sempre molto interventista nel tentativo di influenzare l’opinione pubblica del paese, sta portando avanti sempre più operazioni di silenziamento per i dissidenti politici o, più semplicemente per coloro i quali muovono critiche alle politiche presidenziali.

Censura in Cina: i comici messi a tacere

Gli ultimi episodi di censura in Cina riguardano la categoria dei comici. Nello specifico, nelle ore addietro, è stato il performer di origini malaysiane Nigel Ng ad essere stato messo a tacere. Nigel Ng, conosciuto in Cina con il nome di Zio Roger, si è visto chiudere – senza preavviso e motivo – i suoi account su Bilibili e Weibo le due piattaforme social principali, oltre a TikTok, della Cina. È successo dopo che il comico aveva diffuso, sui suoi canali, una clip promozionale del suo prossimo spettacolo nelle quali spiccavano, tra le altre cose, accuse e critiche al governo di Pechino. Lo spezzone attenzionato dal governo centrale – come ricostruisce l’AGI – è il seguente: “Da dove vieni?” – chiede a uno spettatore – “Guangzhou, China”, la risposta. “Cina, ok. Bel Paese, bel Paese”, dice con una smorfia eloquente del contrario, suscitando le risate del pubblico. E ancora: “Dobbiamo dirlo, giusto? Tutti i telefoni che ascoltano…” – prosegue – indicando un altro spettatore munito di smartphone Huawei, il gigante delle telecomunicazioni sospettato negli scorsi anni di spionaggio informatico dagli Usa.

Durante la clip, poi, il performer prende di mira anche Xi jinping: “Lunga via al Presidente Xi” – ripete più volte picchiettando lo smartphone nella tasca nel tentativo, evidentemente, di farsi udire dal Presidente o dal suo servizio di spionaggio. Ma non è finita qui perché Nigel Ng, entrando nel merito delle politiche di Xi, ne ha anche su Taiwan. In questo caso il comico ironizza sulla policy del governo cinese della “riunificazione” ossia quella dottrina secondo la quale Taiwan non avrebbe nessuna sovranità poiché appartenente alla Cina e, in quanto tale, destinata a tornare sotto la sovranità di Pechino. Nigel – nella clip – dice ad uno spettatore taiwanese: “Il suo non è un vero paese” e poi – suscitando le risate del pubblico – aggiunge: “Spero che un giorno vi riuniate con la madrepatria”, prosegue, scatenando le risate del pubblico”.

Non è un unicum

Nigel Ng aveva annunciato su Twitter l’imminente stretta sulla sua produzione. Il canale Weibo, infatti, dove vantava più di 400mila follower, è stato chiuso. Non è la prima volta che si verifica un episodio del genere. Xi, da questo punto di vista, è stato chiaro nel far capire di non tollerare alcuna ironia sulla sua leadership. Prima di Nigel è stato il turno di Li Haoshi, membro di una compagnia di Shanghai, multato per quasi due milioni di euro per una battuta sulle Forze Armate in cui il comico cinese. Il comico è stato accusato di diffamare la gloriosa immagine dell’Epl (l’Esercito Popolare di Liberazione cinese). Addirittura, è stato arrestato per lo sketch, e ora rischia fino a tre anni di carcere.

Anche nel cinema

La censura in Cina si applica anche al cinema dove nelle sale non andrà in onda, nonostante accordi precedenti e contrari, il film horror ‘Winnie The Pooh: Blood and Honey’. Il motivo ufficiale ha a che fare con “problemi tecnici” ma la realtà è ben altra: Winnie The Pooh – il dolce orsetto nato dalla penna di Alan Alexander Milne – è bannato in Cina. Il motivo? Nel 2014, un’immagine di Xi che stringeva la mano all’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe è stata paragonata a un cartone animato in Winnie The Pooh stringeva la zampa all’avvilito asinello Eeyore. Un altro esempio, lapalissiano, di come la censura in Cina si stia facendo sempre più stringente.